Il Burundi è un paese piccolo piccolo, proprio al centro dell’Africa. Eppure, nonostante le sue minuscole dimensioni, i suoi problemi sembrano essere inversamente proporzionali all’ estensione del suo territorio. Primo tra tutti esattamente questo: la terra.
Per intenderci: il Burundi è poco più grande del Piemonte (27.800 Km2 contro 25.400 Km2) ma ha il doppio della sua popolazione (8,5 milioni contro i 4,5 della nostra regione). Il suo tasso di crescita demografica annuo è del 3,7%, uno dei più alti non solo in Africa, ma nel mondo. Nel 2025, ci si aspetta che il paese raggiunga i 13,8 milioni di abitanti, una cifra insostenibile per un territorio talmente limitato.
Inutile dire che, in un paese dove il 93% della popolazione dipende ancora largamente da un’agricoltura di sussistenza, la pressione sulla terra è diventata fortissima. Inutile dire che il binomio “scarsità di terre/eccesso di persone” rischia di minare fortemente il tessuto sociale (il 70% dei conflitti portati in tribunale riguardano questioni fondiarie e coinvolgono spesso membri di una stessa famiglia). Come è stato riconosciuto dallo stesso governo in un comunicato ufficiale del 2008, questa precaria situazione rischia di diventare una seria minaccia al processo di pace attualmente in corso nel paese.
Anche noi volontari CISV in Burundi siamo stati testimoni di uno dei tanti conflitti fondiari in corso. Abbiamo pensato di condividere questa storia con voi, per darvi un esempio concreto di cosa può comportare un simile conflitto. Ecco qui la storia…
Qualche settimana fa si è presentato in ufficio a Bujumbura, in capitale, tale Jean Belquimas a nome del “groupement Intandohoka”, associazione che si dedica alla produzione di mattoni nel comune di Buraza (provincia di Gitega, all’interno del paese). Jean Belquimas ci ha informato che la sua associazione lavora grazie a dei forni per produrre mattoni realizzati da un progetto CISV (finanziato dalla Caritas Italiana) svoltosi alla fine degli anni novanta. Grazie a tale progetto, l’associazione si è vista assegnare anche un terreno per recuperare la legna necessaria al funzionamento dei forni. Questo terreno era stato concesso in usufrutto dall’amministrazione comunale all’associazione, la quale, secondi gli accordi, avrebbe dovuto goderne finché fosse restata in attività.
Purtroppo, durante la guerra tutta la documentazione relativa a tali accordi è andata persa, secondo quanto ci dice Jean-Belquimas. Approfittando di questa mancanza di documenti, sembra che l’amministrazione comunale stia ora cercando di riappropriarsi sia dei forni sia del terreno concesso in usufrutto (che a quanto pare ha acquisito valore negli anni) nonostante l’associazione sia ancora perfettamente operativa. Se cosi fosse, i membri del “groupement” non avrebbero più una sede e molte famiglie perderebbero il lavoro. Cosi Jean- Belquimas, facendosi portavoce delle preoccupazioni dei suoi compagni, ha deciso di farsi più di 100 km fino al nostro ufficio di Bujumbura solo per chiederci se avevamo dei documenti relativi al progetto che li potessero aiutare nel conflitto con l’amministrazione.
Bisogna considerare il fatto che non abbiamo avuto conferme della veridicità della storia raccontata da Jean Belquimas, dato che abbiamo ascoltato solo la sua versione. La verità in questo paese è spesso e volentieri un’opinione, per questo motivo bisogna sempre prendere le informazioni “con le pinze”. Di conseguenza, quello che abbiamo potuto fare è stato scrivere una lettera ufficiale firmata dalla coordinazione nazionale CISV-Burundi in cui si affermano gli accordi presi ai tempi del progetto sia con l’associazione sia con l’amministrazione. Abbiamo cosi ribadito che i forni, finché operativi, devono restare in gestione all’associazione, cosi come la terra, concessa in accordo con l’amministrazione comunale.
Una volta ricevuti i documenti, Jean Belquimas è tornato a casa sulle colline e per ora non abbiamo ancora ricevuto nessun feedback da parte sua. Ma posteremo qui gli eventuali sviluppi della vicenda per tenervi al corrente.
Ad ogni modo, questa storia voleva solo mostrarvi la gravità della questione fondiaria, tanto incresciosa da inasprire conflitti addirittura tra l’amministrazione stessa e i cittadini.
Marcella Pasotti, servizio civile, Burundi