INTERVISTA a PIETRO LUZZATI: Democrazia Alimentare e Agricoltura Contadina in Alta Guinea – VIDEO

Prima di tutto, guarda il video qui 🙂

1. Com’è stato l’incontro con un Paese che ci immaginiamo così remoto come la Guinea?
Ero già stato in Guinea nel 2013 per documentare alcuni interventi del Consorzio CISV-LVIA, avevamo realizzato due video brevi. Io sono stato solo a Kankan e in alcune aeree limitrofe, la Guinea è divisa in 7 regioni e da quanto mi hanno raccontato ogni area è molto differente. Come prima cosa io e Francesco Mele del CISV abbiamo dovuto raggiungere Kankan. Eravamo in Senegal da un paio di settimane per documentare un progetto CISV e da lì avevamo un volo Dakar-Bamako, dal Mali avremmo poi raggiunto Kankan via terra.

Arrivati all’aeroporto di Dakar non riusciamo a trovare il check-in, erano le 6 del mattino e tutti gli uffici erano chiusi. Alla fine una signora della pulizie ci avverte che il nostro volo era stato cancellato senza preavviso e non c’era nulla da fare…ci ha consigliato di riprovare il giorno dopo, inshallah. Il giorno dopo siamo riusciti finalmente a partire. Atterrati a Bamako veniamo accolti da Kaba, autista\tuttofare dipendente dell’ufficio di Kankan, un uomo indispensabile che ha sempre la soluzione giusta e preziosi consigli su tutto.

Per raggiungere Kankan ci vogliono 8 ore di macchina e bisogna passare per il posto di frontiera Mali\Guinea di Kouremalé: lì ti rendi veramente conto dell’altissimo livello di corruzione che impera in Guinea, una delle cause principali dei problemi del Paese. Lasciamo svolgere a Kaba le operazioni di frontiera e dopo qualche ora siamo finalmente arrivati a Kankan.

 

2. Com’è stato girare in questo Paese?
L’indomani del nostro arrivo a Kankan ci siamo incontrati con i cooperanti in loco e dopo alcune riunioni abbiamo organizzato un incontro con le donne del villaggio di Diankana. In serata ci rechiamo al villaggio dove veniamo accolti con affetto e simpatia dalla presidente del Gruppo di donne del villaggio di Diankana della federazione delle unioni orticole dell’Alta Guinea.
Ci sediamo all’ombra di un enorme mango e iniziamo a discutere su come e quando realizzare le riprese. In un attimo iniziano ad arrivare molte persone e non posso fare altro che tirare fuori la telecamera e iniziare le prime riprese! Le donne ci fanno visitare gli orti vicini alle loro case e tra balli e canti ci mostrano i loro prodotti e ci raccontano le loro tradizioni. Ci diamo appuntamento per il giorno dopo alle 7; ci siamo accordati di filmare il percorso che solitamente fanno per dirigersi tutte insieme a lavorare nei campi.

L’indomani mattina, svegliati sotto un forte temporale, ci siamo comunque messi in cammino verso Diankana. Fortunatamente la pioggia è finita e abbiamo subito iniziato le riprese. La presidente del Groupement è partita dalla sua casa e dopo un interessante e piacevole percorso per le strade del villaggio siamo arrivati ai campi dove le donne hanno intrapreso il loro lavoro. Io le seguivo con la camera e loro erano molto divertite da questa cosa.
A fine mattinata si sono poi ritrovate all’ombra di un mango e ci hanno raccontato il loro lavoro, la loro storia e loro problemi. Nel video ne ho inserito un breve estratto, poi saluti, balli e canti e ci lasciamo con l’impegno che appena pronto verrà mostrato loro il video montato.

Girare in Guinea è sempre interessante e formativo. le persone sono gentili e disponibili, è un Paese non troppo condizionato dalla modernità e si respira ancora una sorta di autenticità.

 

3. Quanto gli interventi descritti impattano realmente sulla vita delle persone?
La Guinea è un Paese fondamentalmente rurale, quindi per avere un impatto sulla vita dei suoi abitanti è fondamentale lavorare a livello dei villaggi, con i contadini; le donne in particolare sono importanti per l’alimentazione delle famiglie e la vita quotidiana. I contadini della Guinea sono deboli; hanno enormi e vaste risorse naturali, ma non hanno i mezzi né la cultura per sfruttarle bene. Un signore nel villaggio ci ha raccontato di aver raccolto 10 tonnellate di mango, ma di non sapere cosa farne; finché non arrivano commercianti dal Mali a comprarle a prezzo stracciato, che probabilmente non gli permetterà di arrivare al prossimo raccolto. Ecco, per superare questi problemi il progetto supporta le organizzazioni che rappresentano i contadini, e le aiuta soprattutto a conservare e lavorare i prodotti per poter aumentare un po’ i redditi, limitare la fuga dalle campagne e contrastare il proliferare delle multinazionali.

 

4. Ci sono storie, fotogrammi che hai dovuto togliere ma che ti hanno particolarmente colpito?
Durante il giro nel villaggio siamo stati in vari cortili circondati da case appartenenti a differenti gruppi familiari. In una di quelle c’era una coppia di anziani. Ci siamo fermati per un saluto e hanno incominciato a raccontarci fatti del passato e storie di villaggio. La signora, che in passato era una contadina, ci ha cantato la canzone che solitamente cantava mentre lavorava.
Avrei inserito volentieri nel video questa parte e anche tantissime altre immagini del villaggio e dei suoi abitanti, ma avevamo deciso di realizzare un video breve, che fosse il più possibile comprensibile da chiunque, quindi ho dovuto fare delle scelte tra il materiale disponibile.

5. Hai girato in varie parti del pianeta come documentarista. C’è qualche luogo o qualche comunità che ti piacerebbe raccontare? Un sogno nel cassetto?
Ho avuto la fortuna di visitare l’Africa ben prima di intraprendere il lavoro di videomaker.
Ho avuto modo di conoscerla fin da quando ero bambino e metterci piede per la prima volta all’età di 15-16 anni, grazie a mio padre, il prof. Enrico Luzzati, economista dell’università di Torino, idealista, anticapitalista e antiliberista, con una grande passione per l’Africa, l’associazionismo e le comunità rurali, a cui ha dedicato gran parte della sua vita.

Diciamo che mi piace pensare che anche se in maniera completamente diversa sto proseguendo il suo percorso, e questo grazie a molte persone di CISV che conoscevano bene mio padre e i suoi ideali e lavorano tutti i giorni cercando di proseguire in quella direzione. Questo sicuramente è il mio primo sogno che in parte sto già realizzando.

Se devo pensare a un sogno nel cassetto che ancora non ho realizzato, ne ho due che mi girano in testa da parecchio tempo. Sono sempre stato molto affascinato dalle comunità rurali della Mongolia, mi piacerebbe moltissimo prima o poi riuscire a documentare quelle realtà.
Un secondo sogno\progetto è quello di aprire una scuola\centro di formazione rivolto ai media in un paese del Sud del mondo. Durante le missioni di questi anni mi è sempre capitato di insegnare a qualcuno che era con me a usare la videocamera e organizzare le riprese. La cosa ha sempre suscitato molto entusiasmo nelle persone coinvolte e molte volte mi è stato chiesto di tornare per organizzare dei corsi.

Nel 2006 ho partecipato a un progetto simile in Palestina con un’ong romana ed è stata una delle esperienze più forti della mia vita. Insegnavo video ad adolescenti palestinesi all’interno del Media Center di Hebron. Io ho insegnato a raccontare una storia utilizzando il video, loro mi hanno insegnato cosa vuol dire vivere e avere dei sogni in una situazione così complessa come quella dei Territori Occupati.