La cornice istituzionale nazionale
A cura di Italo Fiorin
La cultura dell’inclusione
La scuola italiana in tema di inclusione vanta a livello internazionale un importante primato. L’Italia è stato il primo Paese ad aprire le scuole alla frequenza delle persone con disabilità anche gravi, già negli anni Settanta dello scorso secolo, grazie ad una legge culturalmente rivoluzionaria (L.517/77), che di fatto inaugura quella che è stata definita la via italiana all’inclusione. L’idea cardine della legge è che, per poter accogliere una persona con disabilità, non basta che ci sia un inserimento fisico dell’alunno in una classe normale, ma è tutta la scuola che deve assumere la responsabilità dell’integrazione e, a partire dall’attenzione alle fragilità individuali, ristrutturarsi nell’organizzazione e nelle pratiche didattiche. Questo ha fatto sì che, pur con la presenza sempre più diffusa dell’insegnante di sostegno, non si è voluto percorrere la strada della delega, ma gli stessi docenti specializzati nel sostegno sono stati considerati a tutti gli effetti contitolari dei docenti di classe, tutti coinvolti unitariamente nella responsabilità educativa e didattica.
Quello che ha reso possibile l’emanazione della legge 517/77 è stato un precedente decennio nel quale, non senza fatica, si sono andate affermando le idee pedagogiche che poi la norma ha recepito, in una polemica anche molto aspra nei confronti della scuola selettiva, poco incline a modificare programmi, metodi, organizzazione per favorire il successo formativo dei più fragili, spesso penalizzati da un contesto socio-culturale ed economico sfavorevole. E’ emblematica l’esperienza realizzata in quegli anni a Barbiana da don Lorenzo Milani e la forte denuncia della famosa ‘Lettera a una professoressa’. Una scuola che, per dirla con il priore di Barbiana, somiglia ad un ospedale che cura i sani e fa morire gli ammalati va radicalmente cambiata.
La contestazione pedagogica degli anni Sessanta/Settanta, diventata sempre più diffusa e condivisa, irruente come il vino nuovo che non può essere contenuto nella vecchia botte della scuola tradizionale, sfocerà nell’approvazione della rivoluzionaria legge sull’integrazione scolastica.
Basti questo essenziale cenno alle origini della nostra cultura inclusiva, per segnalare l’idea forte di un approccio pedagogico importante: la scuola è considerata una comunità educativa e professionale, e, in quanto comunità, la responsabilità educativa e didattica è diffusa e condivisa.
La presenza sempre più rilevante di alunni di origine migratoria, che si è manifestata progressivamente e in maniera sempre più accentuata in tempi più recenti, ha trovato una scuola che, proprio grazie alla svolta culturale impressa dalla legge 517/77, aveva maturato una cultura dell’inclusione e sperimentato pratiche inclusive il cui valore andava oltre la specificità dei problemi legati alla disabilità, rendendo più ospitale per tutti la frequenza.
Riconoscere questo non significa ignorare come le difficoltà non manchino, così come non sono affatto scomparse le resistenze nei confronti di un cambiamento di paradigma tanto radicale, quello di mettere al centro dell’attenzione non il programma, ma l’alunno, nella sua concreta realtà, con le sue fragilità, ma anche con le competenze che pure possiede e con il suo potenziale, che va riconosciuto e portato a realizzazione.
Le Indicazioni nazionali
Il riferimento principale che ogni istituzione scolastica deve considerare nella predisposizione del curricolo sono le Indicazioni nazionali. Le Indicazioni sono un frutto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e prendono il posto che, precedentemente, era stato dei programmi nazionali (DPR n.275/1999). E’, quindi, importante verificare se e in che modo le Indicazioni nazionali, tanto del primo quanto del secondo ciclo di istruzione, siano sensibili al tema dell’educazione interculturale e offrano orientamenti al riguardo. Le Indicazioni, proprio i Programmi nazionali di un tempo, riguardano ogni ordine e grado scolastico, all’interno di un sistema che è organizzato in due grandi cicli. Nel primo ciclo, che va dalla scuola dell’infanzia fino alla scuola secondaria di primo grado, sono state concepite come un testo unitario, che offre un’unica cornice culturale e pedagogica e raccomandazioni metodologico-didattiche pensate secondo l’idea della continuità tra i diversi segmenti. Nel secondo ciclo le Indicazioni sono invece distinte, per tipologie (licei, istituti tecnici e professionali) e per impostazione complessiva.
1. Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.
La chiave interpretativa dell’intero testo delle Indicazioni nazionali della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (2012) è offerta dal capitolo introduttivo, titolato “Cultura, scuola, persona”. Si tratta di un capitolo densissimo di riferimenti che rimandano ad una considerazione della scuola come comunità educativa centrata sul valore della persona. La scuola ha il compito di contribuire alla formazione integrale, attraverso gli strumenti culturali di cui dispone e attraverso le esperienze non solo di apprendimento, ma di relazioni umane che la caratterizzano. Questo compito non è nuovo, alla scuola di base sempre si è richiesto di formare ‘l’uomo e il cittadino’, ma nuovo è il contesto nel quale questa missione si viene a declinare. Viviamo in un mondo globalizzato in una società in continua e rapidissima trasformazione e la nozione di cittadinanza è andata assumendo connotazioni più articolate. Scrivono le Indicazioni che “fino a tempi assai recenti la scuola ha avuto il compito di formare cittadini nazionali attraverso una cultura omogenea”. Ora però la situazione è radicalmente cambiata, una ‘cultura omogenea’ non esiste più, diventare cittadini significa attraversare un percorso formativo molto più complesso, dove riscoprire e valorizzare le molteplici appartenenze alle quali ciascuna persona partecipa, e da questa composita articolazione di identità può generarsi, attraverso l’educazione, una comunità più ricca e coesa. Diversamente dal passato, oggi la scuola può assumere “il compito più ampio di educare alla convivenza proprio attraverso la valorizzazione delle diverse identità e radici culturali di ogni studente. La finalità è una cittadinanza che certo permane coesa e vincolata ai valori fondamentali della tradizione nazionale, ma che può essere alimentata da una varietà di espressioni ed esperienze personali molto più ricca che in passato.” Ed ecco allora come viene delineato il compito fondamentale dell’educazione alla cittadinanza: “La nostra scuola, inoltre, deve formare cittadini italiani che siano nello stesso tempo cittadini dell’Europa e del mondo.
Il cambiamento rispetto al passato non poteva essere più profondo: dal perseguire l’omogeneità al valorizzare le diversità, per una identità nazionale non uniforme, ma pluriforme. In una realtà nella quale la presenza di persone con radici culturali diverse è ormai consolidata, la multiculturalità non è né un’eccezione né un’emergenza, ma un dato strutturale. La scuola ha, a questo proposito, un ruolo fondamentale perché non solo ci sia una situazione di tolleranza o di pacifica convivenza, ma, “attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture, in un confronto che non eluda questioni quali le convinzioni religiose, i ruoli familiari, le differenze di genere” si generi un autentico incontro e un reciproco arricchimento, una vera integrazione.
2. Le Indicazioni nazionali nel secondo ciclo di istruzione
Analogamente al primo ciclo, anche per il secondo ciclo le Indicazioni nazionali (nel caso degli istituti professionali e tecnici, chiamate Linee guida) sostituiscono i vecchi programmi. Rispetto alle Indicazioni del primo ciclo, che si riferiscono a quella che possiamo definire la scuola di base (scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo grado) e che prevede uno sviluppo culturale unitario, nel secondo ciclo la suddivisione in tipologie di scuola e indirizzi è inevitabile e la differenziazione molto più accentuata. La preoccupazione prevalente è quella di fornire indirizzi settoriali, focalizzati su contenuti, obiettivi disciplinari e competenze molto orientate sugli sbocchi professionali ai quali l’indirizzo è finalizzato. Le Indicazioni del secondo ciclo offrono pochi suggerimenti per quanto riguarda la dimensione interculturale del curricolo e il ruolo della scuola al riguardo. Registriamo però una notevole differenza tra le Indicazioni relative ai licei e le Linee guida degli istituti tecnici. Le Indicazioni per i licei si limitano quasi esclusivamente ad un presentazione analitica dei diversi insegnamenti, senza dedicare una particolare attenzione a contestualizzarli all’interno della cornice culturale e sociale attuale, anche se la dichiarazione di apertura dell’art.2 del Regolamento è promettente: “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze sia adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro, sia coerenti con le capacità e le scelte personali. A tale affermazione non segue però un’attenzione più mirata a delineare una formazione non solo culturale o professionale, ma interculturale e relazionale.
Le Linee guida per gli istituti tecnici appaiono più attente ad interpretare le nuove attese del mondo del lavoro e della società in trasformazione, sono molto più raccordate con le Indicazioni del primo ciclo e si collocano con decisione dentro l’orizzonte delle Raccomandazioni europee, che indicano le 8 competenze chiave di cittadinanza che tutti gli insegnamenti devono considerare. Va sottolineato come le Linee guida dedichino un intero capitolo a ‘Cittadinanza e Costituzione’, ambito trasversale che riguarda non solo tutti gli insegnamenti disciplinari, ma che fa riferimento anche all’esperienza extrascolastica, agli apprendimenti che i giovani possono conseguire in contesti non formali: “la cultura della cittadinanza e della legalità è il risultato delle esperienze e delle conoscenze acquisite anche fuori della scuola.
Viene sottolineata l’importanza dell’accoglienza come modalità di una scuola che intenda riconoscere e valorizzare tutti gli alunni, anche quelli di diversa cultura. Viene anche suggerito di dare spazio all’iniziativa degli studenti, così che ciascuno possa esprimersi liberamente, utilizzando non solo le competenze formali, ma anche quelle informali e non formali, molto spesso non adeguatamente valorizzate, per assumere compiti e funzioni utili alla comunità scolastica.
Indicazioni nazionali e nuovi scenari
Nel 2018 viene presentato il documento Indicazioni nazionali e nuovi scenari, con lo scopo di aggiornare le Indicazioni del primo ciclo alla luce dei grandi cambiamenti intervenuti a livello nazionale, europeo e internazionale. L’Agenda 2030 dell’ONU ha messo al centro dell’attenzione degli Stati e delle agenzie educative il tema della sostenibilità. Le migrazioni, l’avvento dei populismi, gli scontri tra culture diverse, hanno sollecitato Organismi come il Consiglio d’Europa a emanare importanti Documenti sulla convivenza civile e democratica: “I veloci e drammatici cambiamenti in atto nel mondo, nell’economia, nella cultura e il perdurare della crisi economica hanno aumentato la vulnerabilità, costringendo sempre più persone a rinunciare a servizi e beni primari, tra i quali le cure e l’istruzione per bambini e giovani; l’instabilità politica in aree già “calde” del pianeta e le vecchie e nuove emergenze ecologiche ed economiche planetarie (povertà, guerre locali, desertificazione, disastri ambientali…) hanno accresciuto le spinte migratorie verso i Paesi del mondo più ricchi, interrogando la scuola sui temi della convivenza civile e democratica, del confronto interculturale e delle politiche di inclusione. Autorevoli e importanti istituzioni sovranazionali – ONU, UE, Consiglio d’Europa – hanno raccolto le sollecitazioni provenienti dalla società, emanando documenti che richiamano gli Stati ad un maggiore impegno per la sostenibilità, la cittadinanza europea e globale, la coesione sociale”.
Con il documento sui nuovi scenari il ministero vuole rilanciare le Indicazioni nazionali ponendo al centro il tema della cittadinanza: “Questo documento pone al centro il tema della cittadinanza, vero sfondo integratore e punto di riferimento di tutte le discipline che concorrono a definire il curricolo. La cittadinanza riguarda tutte le grandi aree del sapere, sia per il contributo offerto dai singoli ambiti disciplinari sia, e ancora di più, per le molteplici connessioni che le discipline hanno tra di loro”.
La prospettiva interculturale consente di rileggere in termini nuovi gli insegnamenti disciplinari, come si può vedere da alcuni esempi qui riportati.
“L’apprendimento di più lingue permette di porre le basi per la costruzione di conoscenze e facilita il confronto tra culture diverse”.
“Le Indicazioni 2012 propongono però all’insegnamento della storia un orizzonte molto più ampio di quello nazionale, in una prospettiva di continuo dialogo tra presente e passato (…) In particolare la conoscenza dei diversi e profondi legami, dei conflitti e degli scambi che si sono svolti nel tempo fra le genti del Mediterraneo e le popolazioni di altre regioni del mondo, rende comprensibili questioni che, altrimenti, sarebbero interamente schiacciate nella dimensione del presente”.
“Tra gli effetti della globalizzazione vi è, nella sua problematicità, una interazione stretta e continua tra persone e popoli di diverse radici, storie, culture. Un punto di vista solo nazionale o anche eurocentrico non è adeguato a leggere la complessità della società planetaria del XXI secolo, come ben ricordano le Linee Guida per l’Educazione globale, del Consiglio d’Europa (2008), o come sottolinea il documento Educazione alla cittadinanza globale. Temi e obiettivi di apprendimento, dell’UNESCO (2012)3 – prodotto all’interno del progetto GEFI (Global Education First Initiative) – così introdotto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: “L’educazione può farci comprendere in profondità che siamo tutti legati in quanto cittadini di una comunità mondiale e che le sfide che dobbiamo affrontare sono interconnesse”.
“In un tempo caratterizzato dalla presenza a scuola di alunni di ogni parte del mondo, la geografia consente il confronto sulle grandi questioni comuni a partire dalla conoscenza dei differenti luoghi di nascita o di origine famigliare”.
“Tutti gli apprendimenti devono contribuire a costruire gli strumenti di cittadinanza e ad alimentare le competenze sociali e civiche. Un ambiente di apprendimento centrato sulla discussione, la comunicazione, il lavoro cooperativo, la contestualizzazione dei saperi nella realtà, al fine di migliorarla, l’empatia, la responsabilità offrono modelli virtuosi di convivenza e di esercizio della prosocialità”.
L’educazione civica nella scuola
Nel 2019, con sorprendente unanimità, il Parlamento italiano, ha varato la legge n.92, che rende obbligatorio l’insegnamento dell’educazione civica in tutti gli ordini e gradi scolastici. Perché una nuova legge sull’educazione civica, se l’educazione civica è sempre stata presente, pur in maniera diversa e con diverse denominazioni, nei programmi e negli indirizzi scolastici, dal dopoguerra ad oggi? Quale è stata l’urgenza che ha portato a tale scelta? Il fatto è che l’educazione civica ha, nel corso del tempo, assunto un significato più ampio e più ricco, ben diverso da quello espresso dalla celebre frase attribuita a massimo D’Azeglio, comprensibile nel contesto storico risorgimentale: “Abbiamo fatto l’Italia. Dobbiamo fare gli italiani”, convinzione che ha ispirato per decenni il modo di intendere l’educazione civica, ancorandola ad un luogo (l’Italia), ad una identità tutta da costruire (nazionale), sulla base di una lingua comune, di una storia comune, di una religione comune. Oggi viviamo in una realtà nella quale locale e globale hanno assunto contorni nuovi, la nostra è ormai una società multiculturale, l’interdipendenza è un dato di fatto. La cura dell’ambiente, la sicurezza dalle malattie, la prosperità economica, le conoscenze tecnologiche e il loro impatto…, tutto questo disegna un paesaggio culturale profondamente diverso dal passato, nel quale emerge con una consapevolezza più acuta la nostra prima e primordiale cittadinanza, quella umana. L’idea di una considerazione della cittadinanza così allargata incontra ostacoli nella cultura del populismo e dalle spinte nazionalistiche che purtroppo si sono largamente diffuse e minacciano la vita democratica. Apparteniamo al genere umano, condividiamo la comune casa che è questo nostro pianeta, la nostra sorte ci vede strettamente legati gli uni agli altri. Siamo, cioè, cittadini del mondo, o meglio, siamo chiamati a diventarlo e questo fa sì che l’educazione civica non possa che essere educazione alla cittadinanza globale.
Ma come intendere questo rinnovato compito di educazione alla cittadinanza? In che modo l’educazione alla cittadinanza può orientare il curricolo? La scelta della legge è in favore di un approccio trasversale, che impegni tutti gli insegnamenti (e tutti gli insegnanti), ed è coerente con la convinzione della centralità dell’educazione alla cittadinanza, prioritaria finalità della scuola, come appare fin dal primo articolo della legge, che recita: “L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri” .
- Barbiana, Lettera ad una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, 1967.
- <<Ogni specifico territorio possiede legami con le varie aree del mondo e con esse costituisce un microcosmo che su scala locale riproduce opportunità, interazioni, tensioni, convivenze globali>>, in: MIUR, Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione, 2012.
- <<Nel suo itinerario formativo ed esistenziale lo studente si trova a interagire con culture diverse>>, in: in: MIUR, Indicazioni nazionali, cit.
- MIUR, Indicazioni nazionali, cit.
- MIUR, Indicazioni nazionali, cit.
- MIUR, Indicazioni nazionali, cit.
- MIUR, Indicazioni nazionali, cit.
- I riferimenti legislativi sono i seguenti: DPR n. 87/2010, regolamento che ha introdotto le linee guida per gli istituti professionali; DPR n. 88/2010, regolamento con le linee guida per gli istituti tecnici; DPR n. 89/2010, regolamento di riordino dei licei con le relative indicazioni nazionali.
- Decreto n.89/2010 recante il Regolamento per la revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei, art.2 art. 2.2.
- MIUR, DPR .87/2010, Linee guida per il passaggio al nuovo ordinamento degli istituti tecnici.
- MIUR, Indicazioni nazionali e nuovi scenari, 2018. Il documento è stato redatto dal Comitato scientifico nazionale delle Indicazioni nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione.
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- Art.1, 1, Legge 20 agosto 2019, n.92.