Mancanza di cibo e abbandono dei campi. Quali sfide per garantire la sicurezza alimentare in Mali?
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di Marta Zaffaroni – Responsabile Mali, Burkina Faso e Niger

Il taxi si fa avanti per le vie di Bamako, nell’aria calda di questa mattina di aprile. A fare da sottofondo alla vita cittadina che scorre fuori dal finestrino, la radio gracchiante che trasmette una sorta di talk show sull’attualità in lingua bambara.

Mentre attraversiamo il mercato di Magnambougou il taxista mi spiega che nella trasmissione si parla del crescente costo della vita.

Qui in Mali a preoccupare non è solo l’aumento del prezzo della benzina ma soprattutto quello dei beni alimentari

I dati parlano chiaro: quest’anno rispetto al 2021 il prezzo dei cereali e della verdura è cresciuto enormemente. Si va dall’aumento del 51% del prezzo di fagioli e arachidi al rincaro del 95% sul costo del sorgo. Il miglio, cereale alla base dei pasti della maggior parte dei maliani, costa quasi l’80% in più dello scorso anno. È facile immaginare quanto questa situazione pesi sul portafoglio delle famiglie e quindi sulla disponibilità di risorse finanziarie da investire in tutto ciò che non è cibo: servizi sanitari, spese scolastiche, vestiti.

A fare crescere tanto i prezzi non è solo la normale inflazione tipica del periodo di Ramadan, durante il quale la domanda di beni alimentari aumenta a causa delle grandi spese fatte per celebrare i pasti famigliari che seguono l’iftar, il momento della rottura del digiuno.

 Il vero problema, quest’anno, è che sul mercato non ci sono abbastanza cereali.

Le cause sono molteplici. Per effetto del cambio climatico, durante l’ultima stagione agricola le piogge sono state scarse e a macchia di leopardo, causando una forte riduzione dei rendimenti agricoli in tutta l’area saheliana. Inoltre, il conflitto in corso nel centro e nel nord del paese sta causando ormai da anni un drammatico abbandono dei campi. In molte aree delle regioni di Douentza e Mopti, dove CISV lavora, i contadini hanno paura di recarsi nei campi per paura di essere vittime delle intimidazioni e violenze perpetrate dai gruppi armati che controllano il territorio al posto delle autorità statali. L’impatto di questa situazione è evidente dalle foto satellitari realizzate dal Programma Alimentare Mondiale, che mostrano una crescente riduzione delle terre coltivate in molte aree del paese. A tutto questo si aggiungono le conseguenze della situazione politica attuale. Dal colpo di stato di maggio 2021, il Mali è governato da una giunta militare guidata dal Colonnello Assimi Goita, che si è dichiarata favorevole ad una transizione democratica entro 5 anni (ridotti a 2 anni a inizio giugno, ndr). Un periodo giudicato troppo lungo dalla CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa dell’Ovest), di cui il Mali è membro, che da gennaio 2022 sta applicando delle sanzioni economiche contro il paese, bloccando le importazioni ed esportazioni da e verso i paesi membri confinanti.   A queste dinamiche regionali si aggiungono le incognite dell’evolversi della guerra ucraina, di cui si sente l’eco fin qui nelle strade di Bamako. Il Sahel importa poco grano dall’Ucraina, tuttavia gli esperti parlano di un probabile impatto negativo dell’aumento globale dei prezzi dei prodotti alimentari ed è anche concreto il rischio che il blocco delle derrate nei porti ucraini metta a repentaglio le capacità di garantire assistenza umanitaria da parte di attori come il Programma Alimentare Mondiale.

Inoltre, la quasi totalità dei fertilizzanti utilizzati in Mali sono importati da Russia e Bielorussia.

Per questo motivo, il rischio che l’accesso a questi prodotti sia limitato potrebbe avere un effetto negativo sui contadini maliani. Quella che il Mali in questo momento sta vivendo è quindi una situazione intricata, le cui conseguenze ricadono sulla popolazione: secondo gli ultimi dati del Cluster Sicurezza Alimentare, quasi la metà della popolazione maliana non ha i mezzi per far fronte ai propri bisogni primari ed il numero di persone in stato di insicurezza alimentare nel paese è triplicato dal 2020 ad oggi.

Le mie riflessioni si interrompono quando il taxi finisce per frenare lentamente davanti all’ufficio CISV Mali. Esco nel sole caldo e pago la corsa. Mentre lo guardo allontanarsi, penso che anche il signor Boubacar, taxista a Bamako, durante il viaggio si è forse perso in pensieri simili ai miei, riguardo al costo del sacco di riso che si fermerà a comprare al mercato. Lo immagino, mentre guida nella polvere e nello smog cittadino, alla ricerca di altri clienti e nella speranza di portare a casa, anche oggi, quanto basta.

In Mali CISV sta lavorando grazie al progetto “SURE, Progetto di emergenza per l’assistenza e la resilienza delle popolazioni vulnerabili colpite dal conflitto a Douentza e Gao, Mali”, finanziato dall’AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo

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