di Marta Mosca, antropologa dell’Università degli studi di Torino, partner di CISV per Paisim
Donne e uomini costruiscono e nutrono in maniera complementare le società in cui vivono. Esiste tuttavia un nesso peculiare tra donna e sicurezza alimentare. In Senegal la maggior parte dei prodotti coltivati viene raccolto, selezionato, trasformato, confezionato per il commercio e cucinato per il consumo dalle donne, a mano. Che sia destinato al mercato o al fabbisogno alimentare, dietro al cibo venduto e mangiato c’è il sapere femminile. Dalla terra alle mani delle donne il prodotto naturale diventa prodotto culturale, diventa cibo attraverso cui si crea e si alimenta la comunità. Ciò che lega la terra alla donna, la donna al cibo e il cibo alla comunità, è una relazione intima, una sequenza circolare costantemente alimentata dall’attività produttiva della donna, sia in termini economici che in termini comunitari.
Le società, infatti, non si fondano unicamente su rapporti economici, ma anche e soprattutto su rapporti comunitari, su quel patto sociale che regola le interazioni tra individui, su una fitta rete di relazioni sociali create e rinsaldate attraverso pratiche quotidiane. Nella società senegalese il mantenimento e il rinnovamento dei legami sociali, e dunque la produzione di comunità, è garantito in particolar modo dalle donne e dalle pratiche ordinarie che esse mettono in atto a livello micro e a livello macro, in ambito rurale e in ambito urbano, fabbricando microcosmi di ridistribuzione delle risorse funzionali al mantenimento sociale in senso ampio.
Questo tipo di economia sociale è comune al contesto senegalese nel suo insieme e in maniera più specifica ho avuto modo di osservare tali dinamiche all’interno delle micro imprese appoggiate dal progetto PAISIM (Programma di appoggio all’impresa sociale e all’iniziativa migrante nelle regioni di Saint Louis, Louga e Thiès in Senegal). In qualità di antropologa, il mio lavoro all’interno del progetto consiste nella realizzazione di un audit di genere ponendo particolare attenzione alla condizione femminile, in ragione del fatto che nell’80% dei casi le micro imprese beneficiarie del PAISIM sono composte e dirette da donne. Il dato interessante riguarda il tipo di visione imprenditoriale e il sistema più ampio in cui queste micro imprese si inseriscono. Innanzitutto, l’obiettivo dell’impresa non è solo di carattere economico, ma anche sociale, e il fine ultimo è quello di una ridistribuzione mirata a favorire la condivisione capillare delle risorse, più che l’arricchimento individuale. Inoltre, molte donne beneficiarie del PAISIM non soltanto fanno parte di una stessa micro impresa, ma sono legate anche da altre forme di associazionismo o da sistemi di micro credito informale, come la famosa tontine, e questo denso intreccio di legami contribuisce in maniera sostanziale al mantenimento della società. In altre parole, la micro impresa costituisce un bacino di alleanze economiche e comunitarie che dimostra quanto fare business sociale sia possibile. E il progetto PAISIM intende valorizzare proprio questo aspetto.
Dall’osservazione del quotidiano femminile si ricavano, tra gli altri, un paio di dati fondamentali: in primo luogo, il lavorio costante di condivisione e ridistribuzione della ricchezza svolto dalla donna fa di essa la garante dell’equilibrio socioeconomico; in secondo luogo, si può sostenere che il dinamismo economico e sociale femminile ha, in una certa misura, la capacità di colmare le lacune delle politiche di welfare. Insomma, quelle mani sapienti che trasformano la natura in cultura, sono le stesse che nutrono, in senso lato, la comunità. In ultima istanza, riconoscere e valorizzare questa immensa potenzialità non può che essere un valore aggiunto per tutti. Per tutti gli uomini e per tutte le donne del Senegal.