Di Wilfried Bakouan (*)
105.000: questa la cifra, forse sottostimata, del numero di aborti verificatisi lo scorso anno in Burkina Faso. Secondo un recente studio pubblicato nel febbraio 2014 a Ouagadougou, la maggior parte delle donne che decidono di abortire lo fanno ricorrendo a personale non specializzato, il che le espone a gravi rischi sanitari, in particolare perché non beneficiano di cure adeguate dopo l’intervento. E così oggi l’aborto costituisce la causa del 13% dei casi di mortalità materna.
In Burkina Faso, per abortire, serve il parere di 3 medici (di fatto ne bastano 2) che dimostrino come vi sia pericolo per la donna incinta di perdere il bambino. Il processo di valutazione, lungo e complesso, in molti casi risulta dissuasivo per le richiedenti, il che finisce per favorire la pratica degli aborti clandestini, con tutti i rischi connessi.
La ricerca di Ouagadougou si è avvalsa di diversi dati: informazioni e cifre raccolte nelle strutture sanitarie, interviste a professionisti del settore, colloqui confidenziali con le donne interessate. Ne è emerso come lo status socio-economico delle donne sia determinante nella scelta del tipo di “medico” cui esse si rivolgono. Le donne che vivono in ambiente rurale, in condizioni modeste, sarebbero le più esposte alle complicazioni post aborto: si tratta addirittura del 46% delle contadine povere. Una situazione in stridente contrasto rispetto a quella delle cittadine, che vanno incontro a un’analoga sorte “solo” nel 23% dei casi. Inoltre, mentre di quest’ultime il 90% risulta esser stato preso in carico dai medici dopo l’intervento, beneficiando così delle opportune cure, nel caso delle donne di ambiente rurale almeno il 41% di loro resta del tutto privo di trattamento.
In ogni caso, quale che sia il luogo di residenza o il livello sociale, la maggioranza delle interessate decide di interrompere la gravidanza per motivi molto simili anche se, in caso di gravidanze non desiderate, le donne dei centri urbani fanno ricorso più facilmente all’aborto: se in ambito rurale il tasso globale di aborti è del 22 per mille tra le donne dai 19 ai 45 anni, in città si arriva fino a un 34 per mille. In buona parte l’alta incidenza di gravidanze non desiderate va ricondotta alla scarsa diffusione dei metodi contraccettivi: solo il 15% delle donne sposate utilizza un moderno metodo di contraccezione. L’aborto finisce così per essere la risposta a un bisogno non soddisfatto di pianificazione familiare.
A partire dai dati scientifici, e al fine di contribuire alla riduzione della mortalità materna in Burkina Faso, l’indagine pone poi interrogativi di tipo etico. Bisogna continuare a proibire l’aborto per motivi morali, pur sapendo che il divieto non funge da deterrente ma induce piuttosto le donne a praticarlo in condizioni pericolose e malsane? Il dibattito è aperto…
(*) L’Evénement