BRASILE A PASSO DI CIRANDA

di Stefania Garini, ufficio stampa CISV

Lo scorso novembre sono venuti a trovarci dal Brasile suor Francisca Erbenia de Sousa, responsabile della Caritas diocesana di Crateùs, e Adriano Leitāo, referente dei progetti sociali Caritas, che collaborano con CISV nello Stato del Cearà per garantire condizioni di vita dignitose a pescatori e pescatrici d’acqua dolce, da sempre tra le categorie sociali più svantaggiate, minacciati da una gravissima siccità.

Grazie all’accompagnamento e alla traduzione di Raffaele Giammaria e Marta Versaci, servizi civili CISV in Brasile, Erbenia e Adriano hanno condiviso le loro esperienze in alcuni incontri pubblici. La Caritas di Crateùs – 70 operatori e 150 volontari su un territorio di 70.000 abitanti – si ispira alla teologia della liberazione e alla pedagogia degli oppressi di Paulo Freire, ponendosi in prima linea nella difesa dei diritti umani, soprattutto a favore delle donne che sono le principali vittime di violenza e miseria. «Molte di loro sono ‘vedove di mariti vivi’, rimaste sole perché i mariti sono andati in città a cercare lavoro trovandosi altre compagne, o sono finiti in galera per il narcotraffico» ha raccontato Erbenia, che lavora insieme alle prostitute e vittime di abusi, alle rivenditrici di rifiuti, alle contadine sem terra e alle pescatrici prive di mezzi. «Il Brasile è il quinto Paese al mondo per femminicidi, e il Cearà è tra gli Stati più machisti e violenti. Il nostro lavoro con le donne consiste nell’aiutarle a (ri)costruire la propria autostima, diventando consapevoli delle risorse, capacità e diritti di cui sono detentrici, anche attraverso una lettura teologica della Bibbia che valorizza il ruolo della donna nella storia della Salvezza. Inoltre le sosteniamo attraverso percorsi di formazione e crescita professionale, perché possano avere alternative di vita e lavoro concrete».

Occuparsi delle donne fa parte del cuidade curanderos, il ‘prendersi cura di chi si prende cura’, un concetto globale che va dalla tutela dei più deboli alla salvaguardia dell’ambiente: la terra, preziosa fonte di vita da cui va preso solo il necessario, o l’acqua, che va risparmiata e riciclata. «È quanto viene insegnato a Crateùs ai ragazzi/e delle famiglie contadine, tradizionalmente estromessi dall’istruzione. Per loro la Caritas ha creato una scuola di agro-ecologia dove, secondo la pedagogia dell’alternanza, alle lezioni teoriche si alterna la pratica di quanto appreso nel proprio orto familiare» ha spiegato Adriano. La scuola forma ogni anno un centinaio di giovani, che vengono poi aiutati a trovare un primo impiego. Nel tempo si è anche fatto un lavoro con le istituzioni pubbliche, con il risultato che oggi le mense scolastiche sono tenute per legge a impiegare i prodotti dell’agricoltura familiare per almeno il 40%, garantendo così agli alunni cibo sano, e alle loro famiglie un introito aggiuntivo. Le attività di advocacy di Caritas e CISV riguardano anche il tentativo di cambiare la legislazione brasiliana che riconosce lo status di pescatore solo a chi non ha nessun’altra attività, impedendo ad esempio di vendere al mercato i prodotti dell’orto per integrare le magre entrate. E anche se per i pescatori ‘ufficiali’ sono previsti sussidi pubblici nei mesi secchi, questi sono grandemente insufficienti perché nel Cearà non piove ormai da 6-7 anni e il pesce scarseggia tutto l’anno. Inoltre, difficilmente alle donne è riconosciuto lo status di pescatrici, come ci hanno spiegato Erbenia e Adriano: «se lavorano con il marito la qualifica è attribuita solo a lui; e se sono donne sole o capifamiglia dedite ad attività legate alla pesca (costruzione e riparazione reti, pulizia pesce, vendita..) ma non vanno di notte a gettare le reti nei bacini, sono escluse dalla categoria professionale e dai relativi sussidi».

Attualmente CISV e Caritas Crateùs collaborano con 2.600 pescatori/pescatrici in 7 municipi, promuovendone l’empowerment e la creazione di condizioni di vita e lavoro migliori.

In questi anni CISV ha allacciato con la Caritas locale un rapporto di partenariato e hermanamiento che va al di là dei singoli progetti e che trova un collante nella dimensione comunitaria. La Caritas di Crateùs ha infatti una fraternità mista, dove Erbenia e Adriano convivono con altre ‘sorelle’ e ‘fratelli’ sia consacrati che laici. «La fraternità di Crateùs somiglia a quella di Reaglie, su un piano gli uffici e sull’altro le abitazioni», ci ha spiegato Erbenia. «Ci consideriamo una famiglia, la nostra quotidianità è fatta di spiritualità e preghiera. Per noi contemplazione e azione sono inseparabili, la lettura del Vangelo si confronta con la realtà, spingendoci a riscoprire l’amore di Dio nella sua premura verso le difficoltà umane, a interrogarci sulle disuguaglianze sociali e a impegnarci per superarle». Una spiritualità incarnata che spesso ha portato gli operatori della Caritas a unirsi alla popolazione rurale nell’occupazione delle terre abbandonate o appropriate da imprese minerarie e fazenderos.

A questo impegno si collega anche la concezione brasiliana del bem viver: «Lo stare bene non è un fatto solo personale, ma implica la dimensione comunitaria: è impossibile vivere bene senza la relazione con gli altri e senza legami con la terra, senza che stiano bene la natura e chi la abita». È qualcosa che a Crateùs si esprime anche simbolicamente attraverso la ciranda, una danza collettiva che si fa in circolo, ciascuno rispetta il passo e il ritmo dell’altro, e a ognuno è lasciato il giusto spazio. «La vita in fraternità è una sfida, è stressante e complicata, ma è un’esperienza bellissima. Il nostro sogno è espandere questo girotondo, così da allargare il cerchio delle possibilità a sempre più persone costruendo una diversa realtà».