Niger: lo spettro di una crisi alimentare all’orizzonte
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Issa Yacouba – referente comunicazione CISV Niger

Scrutando il cielo nuvoloso, fin dall’inizio del mese di giugno, si annuncia la stagione delle piogge. Sono numerosi coloro che lavorano a Niamey durante la stagione secca, facendo del piccolo commercio, e che aspettano una telefonata dalla famiglia al villaggio che dica loro dell’inizio delle piogge in campagna. Proprio la prima pioggia che cade su Niamey il 17 giugno annuncia già il ritorno nei rispettivi luoghi di origine dei giovani che vivono in capitale.

Ma quest’anno tornare non sarà possibile per migliaia di loro.

Il rituale rientro al villaggio per coltivare la terra, è oggi reso complicato a causa della mancanza di sicurezza nel Paese.

Amadou Moussa, un giovane originario della regione di Tillabéri, venditore di scarpe, che si è riparato dalla pioggia sotto il tetto di una stazione di servizio per evitare di bagnarsi e inondare la propria mercanzia, è animato da un sentimento al tempo stesso di speranza e d’impotenza.

Questo giovane alto, di circa trent’anni, sospira e improvvisamente esclama: «Questa pioggia che sta inondando le strade di Niamey e che annuncia la campagna agricola è lontana dall’essere un augurio per una buona stagione nei campi per me e il mio villaggio».

Della paura che regna nella sua regione di origine, Amadou mi dice: «Sai che è piovuto al mio villaggio ieri, ma per timore della violenza nelle zone rurali a opera di gruppi terroristici, i miei genitori mi hanno sconsigliato di rientrare».

In effetti, anche se il clima è propizio per andare a coltivare il suo campo, la mancanza di sicurezza lo costringe a restare in città a occuparsi di piccolo commercio, che gli permette di vivere solo alla giornata.

Il problema fondamentale è che a causa della situazione sociopolitica del Paese, molti nigerini non possono rientrare per andare a coltivare.

La violenza dei gruppi terroristici islamisti che regna in questa parte del Niger è preoccupante. Secondo il Bureau de la coordination des affaires humanitaires (Ocha) delle Nazioni Unite: «Ad oggi, dodici dipartimenti dei tredici della regione di Tillabéri sono coinvolti tanto che, solo a maggio 2022, si sono registrati 115.150 sfollati all’interno del Paese».

Amadou Moussa si ricorda ancora gli anni della sua gioventù, quando passava il tempo nei campi di miglio del suo villaggio. Oggi diverse migliaia di persone non possono andare nei campi a causa di questa situazione nell’Ovest del paese che può avere dei gravi effetti sulla produzione agricola.

Sempre secondo Ocha, nel 2022 in Niger: «circa due milioni di persone vivono una condizione di insicurezza alimentare acuta e cronica a causa degli choc ricorrenti e del cambiamento climatico, mentre 475.000 bambini dell’età da 6 a 59 mesi sono esposti a malnutrizione acuta severa. Più del 50% dei bambini dai 7 ai 16 anni non sono andati a scuola».

Queste cifre riassumono le sfide alle quali il Niger, e il Sahel in generale, deve fare fronte. Le città sono diventate i rifugi dei giovani migranti stagionali, che anziché coltivare i campi come tradizione, passano tutto l’anno a fare i piccoli commercianti, in attesa che la situazione migliori. Il Niger è un paese saheliano in preda a una crisi di sicurezza senza precedenti, combinata a una crisi alimentare e tenta oggi di fare fronte a questa situazione, grazie al sostegno di organizzazioni umanitarie come CISV Niger, che aiuta le popolazioni vulnerabili e la gioventù nigerina nel settore dell’imprenditoria.

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