Al 175° posto su un totale di 193 stati, il Mali è uno dei paesi con l’indice di sviluppo umano (HDI) tra i più bassi al mondo[1]. Questa condizione deriva da diversi fattori strutturali e sistemici, politici ed ambientali molto complessi ed intrecciati tra loro.
Enorme paese occupato per metà dal deserto del Sahara, senza sbocchi sul mare, afflitto dalla desertificazione e da cicliche carestie e siccità, con una speranza di vita di 48 anni, un tasso di analfabetismo intorno all’80% ed un’economia prevalentemente agropastorale, il Mali è comunque riuscito, attraverso un lento percorso, ad uscire dal periodo coloniale ed intraprendere un cammino verso lo sviluppo e la democrazia, tanto che era – fino a pochi mesi fa – considerato come un esempio di democrazia per il continente africano.
La CISV è presente nel paese dal 1998 e, da 14 anni lavora nel campo della sicurezza alimentare a fianco delle organizzazioni contadine maliane. I pilastri della strategia CISV nel suo lavoro nel campo della sicurezza alimentare sono il sostegno all’agricoltura familiare e alle organizzazioni e movimenti contadini. Le organizzazione contadine, infatti, grazie al loro aspetto associativo, alla gestione partecipativa, all’aspetto comunitario che comprende pratiche di solidarità, alla difesa della cultura contadina e della propria sovranità alimentare, rappresentano un modello che – secondo molti studi[2] – è più efficiente nell’utilizzo di scarse risorse e favorisce una crescita economica più efficace, armonica ed inclusiva rispetto ad altre forme di sfruttamento agricolo.
La scelta di appoggiare le organizzazioni contadine è quindi dettata non solo da motivazioni etiche ed ideologiche ma anche da ragioni di efficacia, di produttività e di sostenibilità economica, sociale ed ambientale. La CISV da diversi anni lavora quindi con e per le organizzazioni contadine, sostenendone lo sviluppo istituzionale ed il rafforzamento organizzativo (S.I.R.O.) oltre che con progetti condivisi e cogestiti di sicurezza alimentare sia in campo agricolo che zootecnico. Un processo lungo e complesso anche perché ostacolato da diversi fattori, intrecciati fra loro, quali un tasso di scolarizzazione molto basso, l’instabilità politica, la debolezza economica e la dipendenza del paese verso i mercati internazionali, una forte crescita demografica accompagnata dall’esodo rurale ed un massiccio fenomeno di immigrazione verso le città.
In questo contesto, circa l’80% della popolazione maliana dipende dal settore primario, il quale a sua volta dipende dalle difficilissime condizioni climatiche. I cambiamenti climatici, la desertificazione, le continue siccità rappresentano una seria sfida alla sicurezza alimentare di una vastissima fascia della popolazione, una sfida sempre più difficile da momento che la siccità da ciclica è diventata quasi cronica. Per questo motivo le crisi alimentari si sono progressivamente intensificate negli ultimi anni, fino a diventare quasi endemiche.In particolare, la stagione agricola 2011 si è rivelata particolarmente difficile, a causa di una pluviomentria scarsa e irregolare, fatto che ha portato a stimare una riduzione del -25% del raccolto ad uso umano[3] ed una forte perdita di biomassa (pascoli per il bestiame) che in alcune zone arriva addirittura al -60%[4].
A seguito di questa penuria alimentare, i prezzi dei cereali in alcuni mercati sono aumentati in alcuni mercati fino a +60%, secondo la FAO ed il Programma Alimentare Mondiale (PAM). Questo contesto è aggravato dalla recente crisi sociopolitica che il paese sta attraversando. La crisi in Costa d’Avorio e la crisi libica hanno comportato un massiccio ritorno in Mali di migliaia di emigrati, con un conseguente aumento della pressione sulle già scarse risorse – alimentari ed economiche – del paese, oltre che la perdita delle rimesse degli emigrati stessi.
A partire da Gennaio 2012, la ripresa del mai del tutto sopito conflitto tra le popolazioni Tuareg del Nord e le autorità maliane, ha generato un grande flusso di rifugiati. Sono oltre 300.000 le persone che, per sfuggire alle violenze e gli scontri nel nord, hanno cercato rifugio nel sud del paese o nei paesi limitrofi[5], mentre i ribelli indipendentisti hanno potuto conquistare mezzo paese, dichiarando la nascita del loro stato, l’Azawad. La presenza di gruppi terroristi come Al-Qaeda per il Maghreb Islamico (AQMI) rende difficile – se non impossibile – l’accesso degli operatori umanitari nel Nord del paese.
In questo contesto di instabiità, il 22 marzo 2012 una giunta militare – guidata dal capitano Amadou Haya Sanogo – ha preso il potere deponendo con un colpo di stato il presidente Amadou Toumani Touré. Lungi dall’essere stabile, il potere della giunta militare è stato sfidato il 30 Maggio con un tentativo – fallito – di contro colpo di stato. E’ dunque evidente come i tragici avvenimenti di questi ultimi mesi abbiano un preoccupante impatto sulla già precaria sicurezza alimentare del paese, al punto che l’Unione Europea ha parlato della situazione maliana in termini di “catastrofe umanitaria”.
In estrema sintesi, il Mali è attualmente un paese afflitto da una profonda crisi sociopolitica che non fa altro che esacerbare una già critica situazione di insicurezza alimentare, in gergo si parla di emergenza complessa[6]. Questa condizione comporta necessariamente un approccio diverso rispetto alla cooperazione allo sviluppo, ovvero l’approccio umanitario, degli aiuti alimentari, della cooperazione all’emergenza che salva vite umane che sono in pericolo, che agisce in fretta. Questo tipo di cooperazione è evidentemente molto diversa dall’approccio dello sviluppo e deve necessariamente essere fatta da specialisti e professionisti del settore e non da ONG di sviluppo che si “improvvisano” umanitarie.
E allora, come le ONG di sviluppo – e nel nostro caso la CISV – si posizionano? Qual’è il ruolo che la CISV – presente da molti anni nel paese e che conosce a fondo il contesto – può svolgere? Come continuare a lavorare per un paese in un contesto mutato?Questo è il cuore del dibattito che ha animato – e continua ad animare – la CISV.
Come già accennato, la CISV è una ONG che lavora per lo sviluppo e, in particolar modo in Mali, lavora con le organizzazioni contadine e pastorali perché siamo convinti che queste strutture cooperative contribuiscano davvero allo sviluppo durabile e sostenibile del paese, che rappresentino la maggior parte della popolazione, che lo facciano con metodi inclusivi e solidali ed in armonia con l’ambiente. La caratteristica della CISV in Mali è lavorare con la gente e per la gente, in un ottica di sviluppo a lungo termine, e questo tipo di approccio è parte integrante della visione della ONG, della sua stessa natura. Per questo motivo, non vogliamo “snaturarci” ne’ mettere da parte quelle che sono le caratteristiche che hanno guidato e fatto crescere l’organizzazione per 50 anni.
Sempre per questo motivo, la CISV continuerà in Mali il progetto, iniziato più un anno fa, “Partecipazione degli allevatori alla messa in opera di strategie di lotta alla povertà nel Sahel”, un progetto di sicurezza alimentare nel campo dell’allevamento che si sviluppa in quattro paesi (Mali, Senegal, Burkina Faso e Niger) e che vede come protagonisti i nostri partners, ovvero le organizzazioni contadine e di allevatori, che detengono un ruolo centrale non soltanto nella definizione delle linee progettuali ma soprattutto nell’implementazione delle attività e nella strategie perché l’impatto del progetto sia duraturo e sostenibile. Appoggio alle organizzazioni contadine, sostegno all’agricoltura familiare, ottica di sviluppo a lungo termine, sostenibilità ambientale: sono questi gli assi lungo i quali si è sviluppata la visione strategica della CISV.
Il contesto maliano è purtroppo mutato e non si può non tenerne conto. Tuttavia, come affermano la FAO, l’ufficio per gli aiuti umanitari delle Nazioni Unite (OCHA) e UNICEF nel Documento Strategico 2012 – Piano di risposta alla crisi alimentatre e nutrizionale in Sahel, “E’ importante sottolineare che le vulnerabilità attuali non potranno essere eliminate con interventi esclusivamente di tipo umanitario. La vera sfida consiste nel rompere il circolo vizioso delle crisi alimentari e nutrizionali che colpiscono, ad intervalli sempre più ravvicinati, le popolazioni la cui capacità di resilienza viene sempre più indebolita. E’ dunque indispensabile fornire risorse adeguate per dei programmi a lungo termine che permettano di affrontare le cause strutturali dell’insicurezza alimentare e della malnutrizione in Sahel”
Per questo motivo la CISV ha deciso di adottare una strategiache integri alla nostra visione di sviluppo a lungo termine elementi ed attività in risposta alla crisi alimentare. Una sorta di anello di congiunzione tra la risposta urgente – di emergenza – e il percorso di sviluppo già intrapreso, una strategia che si sviluppa dunque lungo due assi: il primo è quello delle azioni a rapido effetto, di risposta immediata alla crisi, il secondo è quello della continuazione del percorso di partenariato con le associazioni con le quali lavoriamo da anni, con le quali investiamo nello sviluppo a lungo termine e sulla capacità delle popolazioni di attuare strategie e azioni al fine di raggiungere la propria sicurezza e sovranità alimentare.
Questa strategia di chiama LRRD, Linking Relief, Rehabilitation and Development, ovvero “collegare attività di soccorso e riabilitazione ad attività di sviluppo“. A tal fine stiamo svolgendo con i nostri partners un’inchiesta nella regione di intervento, la regione di Mopti, su quali siano le attuali condizioni agricole e dell’allevamento. Attraverso dei questionari destinati agli agricoltori e ai rappresentanti delle organizzazioni contadine e di allevatori vogliamo ottenere una serie di dati precisi sulla situazione agricola e zootecnica (n° magazzini per i cereali ci sono, quante scorte di sementi sono presenti, n°pozzi per irrigare i campi…) e sulle modalità di preparazione alla campagna agricola 2012-2013. Questa “fotografia” della situazione servirà ai nostri partner e a noi per indirizzare le attività di risposta rapida dove c’è più bisogno, mentre le attività di sviluppo si svolgono in tutta la regione.
Questa strategia – apprezzata peraltro da istituzioni come la FAO – permette dunque di affrontare in tempi rapidi quella che purtroppo è una crisi alimentare di ampie proporzioni e che richiede necessariamente un intervento di effetto immediato, senza tuttavia tralasciare quello che è l’obiettivo prioritario della CISV, che non si esaurisce in “azioni di tamponamento della crisi” ma che integra azioni di questo tipo in un percorso più ampio di sviluppo e di partnership con le organizzazioni contadine.
Una strategia che ci auguriamo risponda alle necessità di un contesto mutato senza snaturare la visione ed i principi che hanno guidato la CISV per oltre cinquant’anni.
Cécile Michel
(Servizio civile in Mali)
[2]A tal proposito si legga Capocchini R., Perotti F., Con i piedi per terra. Lavorare con le organizzazioni contadine nei progetti di cooperazione allo sviluppo, FrancoAngeli Editore, 2012
[3] ACF, FAO, OCHA, PAM e UNICEF, Document strategique 2012 – Plan de reponse face à la crise alimentaire et nutritionnelle au Sahel. Version 2
[4] FAO, PAM, Food Security and Humanitarian Implicationin West Africa and Sahel, January 2012
[5] Secondo il bollettino OCHA sulla situazione maliana del 1/52012, i rifugiati all’interno del paese (IDPs)sarebbero 123.700, 30.000 in Algeria, 39.300 in Niger, 56.600 in Burkina Faso e 62.800 in Mauritania. OCHA, Mali Complex Emergency, Situation Report N° 2, 1 May 2012.
[6] OCHA, Mali Complex Emergency, Situation Report N° 2, 1 May 2012.