di Marco Bello, giornalista e collaboratore CISV
[foto di Maddalena Boschetti, associazione Aksyon Gasmy]
Haiti, sabato 6 ottobre. Sono le 20.12 quando la terra trema. Goudougoudou è tornato. Questo è il termine in creolo coniato dagli haitiani per il terremoto del 12 gennaio 2010, che devastò la capitale Port-au-Prince e causò un numero imprecisato di vittime, intorno alle 300.000.
Sabato scorso una scossa di 5,9 gradi Richter ha colpito il nord ovest, la zona più povera di uno dei Paesi più poveri del mondo. L’epicentro è stato registrato a una ventina di km ovest-nord-ovest dal capoluogo Port-de-Paix, Porto di pace. Ma il movimento tellurico si è sentito su tutta l’isola causando il panico, oltre che alle vicine Bahamas e Repubblica Dominicana. I morti registrati sono subito tredici e oltre 188 feriti. Molte sono le case danneggiate o distrutte, in particolare nei dipartimenti del nord ovest, nord e alta Artibonite. Ma soprattutto la grande paura che torna, dopo quasi nove anni.
Poi domenica pomeriggio (verso le due di notte in Italia) una scossa di assestamento di 5,2 gradi, che si è portata via altri due bambini, rimasti sotto un muro.
Abbiamo raggiunto Maddalena Boschetti, volontaria a Mare Rouge, nel nord ovest, dove da molti anni coordina l’associazione Aksyon Gasmy che si occupa di bimbi con disabilità. Da alcuni mesi CISV con l’ong PRO.SA (capofila del progetto), Fondazione Albero della vita e ProgettoMondo Mlal collabora con Maddalena nell’ambito del progetto “Accogliere per reinserire”, finanziato dalla Cooperazione italiana. Maddalena ci ha subito trasmesso le sue impressioni: «Qui a Mare Rouge il terremoto è stato molto forte. Una scossa prolungata, sussultoria e ondulatoria. Siamo scioccati ma salvi. Siamo tutti corsi in strada immediatamente, siamo ritornati al riparo solo dopo qualche ora. I responsabili di Aksyon Gasmy, nelle varie zone, hanno immediatamente fatto squadra, cercandosi telefonicamente. Le linee telefoniche hanno parzialmente retto e permesso di avere notizie. Da subito siamo stati disponibili per aiuti. Nelle nostre zone non ci sono vittime. I danni non sono nei centri abitati, ma senz’altro molte delle case già in cattivo stato delle famiglie nelle campagne hanno subito lesioni. La situazione peggiore è a Port-de-Paix, dove si hanno anche alcune vittime, e dove l’ospedale è inefficiente e non all’altezza. Non ho notizie dell’isola della Tortue (la più vicina all’epicentro, ndr). Oggi inizieremo a visitare e incoraggiare le famiglie. Vi tengo informati e vi chiedo un ricordo nella preghiera».
Domenica il presidente della Repubblica Jovenel Moïse, insieme al primo ministro Jean Henry Céant e altri membri del governo, ha visitato i dipartimenti colpiti. Ha poi sottolineato che per evitare il caos degli interventi umanitari – come successo nel 2010 – occorre che tutte le ong si coordinino con la Protezione civile haitiana, per portare soccorso alla popolazione.
Maddalena, dopo aver completato un giro presso le famiglie della zona, ci scrive: «Le case che prima erano povere, ora sono inabitabili, inclinate e pronte a crollare. Questa gente lotta ogni giorno per vivere, ma questi eventi li costringono a piombare sempre più al limite della linea di sopravvivenza. Il pericolo è non accorgersi di averla già oltrepassata e arrivare a perdere la propria vita o quella dei propri cari. Semplicemente, qui si muore di povertà».
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