LA MARCIA DI JOHN

7 agosto, il telefono della Fraternità di Reaglie squilla nell’edificio semivuoto. E’ un certo Anastasio, amico dei mitici Fornero, che ci chiede se possiamo ospitare un congolese in marcia da Reggio Emilia a Bruxelles, dove terrà un piccolo discorso al Parlamento Europeo per denunciare la guerra dimenticata in Congo. Possiamo? Certo, che possiamo! Prepariamo le stanze in attesa di otto ospiti che camminano con John, puliamo, facciamo la spesa, apparecchiamo una bella tavolata sulla terrazza estiva, fantasticando sulla visita che ci attende. Ma la realtà è ben oltre le nostre fantasie: i ragazzi arrivano in 13, su due mezzi sgangherati, invadendo la Fraternità di zaini, scarpe, sorrisi, domande. Hanno bisogno di una doccia, ghiaccio e pronto soccorso (John si è appena ferito un dito), prese elettriche per ricaricare cellulari e computer, un posto tranquillo per i due bimbi che viaggiano con loro. Per due giorni interi io, Stefano e Max rispondiamo, chiediamo, accompagniamo, spieghiamo, serviamo, puliamo, cuciniamo. Alla fine di queste 48 ore siamo stanchi, sfiniti, ci guardiamo in apnea come fossimo vissuti in una bolla spazio temporale, ripensando alle parole e alla vita di John.

John Mpaliza Balagiz è un congolese sorridente e carismatico, viaggia con questa truppa di amici trovati sulla strada, che camminano ciascuno per le sue ragioni, ciascuno per i km che si sente di fare.  John viaggia per incontrare persone e raccontare loro il dramma del Congo, il suo paese. E’ stato da Pisapia a Milano, al Sereno Regis qui a Torino, attraverserà a piedi le Alpi, la Svizzera, la Francia, la Germania, il Lussemburgo, l’Olanda, il Belgio.  Con ancora più passione lo racconterà a Bruxelles, dove lo aspetta una commissione del Parlamento Europeo. Troppe violenze, troppe umiliazioni, troppa guerra dal 1998 stanno dilaniando il Congo: sei milioni di morti e una catena di violenze dettata dalle regole del mercato internazionale sono il pane quotidiano di chi, come John, ha lì il cuore. Non è un potente, non è un politico, nè un diplomatico. E’ un coraggioso tecnico informatico che ti guarda negli occhi e ti dice: “ho deciso di mettermi in prima persona con quello che ho – il mio corpo -, camminerò per milleseicento chilometri, per chiedere che termini la guerra nel Congo”.

Ci ha salutato come un fratello e ha ripreso il cammino verso la Val Susa.
Per noi è stato un onore ospitarlo e replicare a gran voce il suo messaggio.

sara
CISV Casa di Reaglie
Per info: http://www.peacewalkingman.org/