Che terra il Senegal!
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C’è un qualcosa di indescrivibile che accomuna tutte le persone che lavorano la terra, con la terra, per la terra. E’ qualcosa che ha a che vedere con le loro mani, con il modo in cui toccano le piante che conoscono come si conosce una sorella, qualcosa che c’entra con la relazione con il sole e con la pioggia che sono amiche e nemiche, qualcosa nel modo in cui parlano con un mix di orgoglio, timidezza e fatica di ciò che fanno tutti i giorni. E’ qualcosa che supera le frontiere, che ha radici molto più profonde delle divisioni fittizie che l’essere umano si è dato la briga di creare per questioni di potere e di economia sporca.

Ogni volta che ho a che fare con le persone che lavorano la terra provo innanzi tutto un gran senso di rispetto, poi mi sento immediatamente a casa. Quando passeggio tra gli alberi da frutto, guardo i solchi in attesa di riempirsi di vita, quando sento l’odore d’erba fresca e di terra bagnata, sento che sono dove devo essere.

Ogni volta che mi trovo tra le coltivazioni penso anche ai miei nonni e al loro lavoro nella terra e nella pastorizia, forse è proprio per questo che sento un’aria famigliare. Romanticizzo certo, ma fino a un certo punto. Lavorare la terra stanca, a volte frustra e sicuramente non è riconosciuto come il lavoro importantissimo che è: quello di dare da mangiare al pianeta e di proteggere la relazione con le materie prime in una contemporaneità sempre più lontana dall’origine di ciò che ci nutre.

Questo sensazione di casa mi ha pervaso anche in Senegal, dove ho avuto la fortuna di visitare tante imprese sociali agricole che si occupano di svariate coltivazioni di frutta e verdura. Grazie al nostro progetto di cooperazione internazionale “PROVIVES”, come CISV, stiamo accompagnando da più di due anni 200 imprese sociali senegalesi in un percorso di rafforzamento dei loro progetti.

Si definiscono imprese sociali quelle imprese che hanno un impatto positivo sui territori in cui sviluppano le proprie economie, in termini ambientali, di impiego dignitoso o di creazione di circuiti locali virtuosi. Chi meglio di chi sceglie di produrre alimenti in modo biologico ha un impatto positivo sul proprio territorio?

Sotto un sole caldo e un’umidità invadente, ho ascoltato, tra tante altre, le storie di Madame Ba, di Mohamed, di Soulemaine e della Cooperativa di Produttori di Ronkh. Mentre registriamo le interviste e scattiamo le fotografie che vedete intervallare queste righe, ci muoviamo tra alberi di limoni, piantine di peperoni, piantagioni di gombo*, appezzamenti di terra pronti per la semina delle fragole, alberi pieni di papaya e fiori di colori accesi e irresistibili per chi ama fare le fotografie.

Madame Ba insieme al gruppo di donne con cui lavora, si occupa di produrre piantine medicinali e aromatiche per la vendita. Nel suo terreno verde e rigoglioso abitano anche una tartaruga gigante di nome Esperance e delle caprette simpaticissime, si chiama “Giardino dell’Eden”, un nome azzeccato per la quantità di frutta e tranquillità che vi si trova. Grazie al progetto stanno costruendo una sede per il gruppo per le riunioni e per essiccare e poi trasformare le piante. Il loro sogno più grande è quello di sensibilizzare e includere le donne della zona perché si avvicinino a questo tipo di produzione agricola e perché utilizzino piante medicinali autoctone.

A pochi chilometri, un altro gruppo di sognatori fa capolino tra il verde della campagna vicino a Thies. A raccontarci dell’impresa “Der Gi” è Mohamed, che è il fondatore di questo progetto di agricoltura biologica idroponica. Sotto le serre, una distesa di tubi bucati pieni di piantini colorati parla di un lavoro che unisce tradizione, innovazione e la voglia di un gruppo di giovani di occuparsi della terra in modo speciale. Hanno deciso di chiamare la loro impresa “i forti” e in effetti sono forti davvero. Sono felicissimi delle formazioni in agroecologia di cui hanno approfittato grazie al progetto e sono pronti ad ampliare la loro produzione e distribuzione.

La macchina di Souleimane, che vedo ancora prima di conoscere lui, attira subito la mia attenzione. E’ una FIAT Doblò con degli adesivi super ganzi che lo ritraggono insieme ai suoi collaboratori in occhiali da sole intenti a mostrare cestini di fragole, bottiglie di yogurt e marmellate. “Voglio diventare il produttore di fragole più grande di tutta l’Africa Occidentale”, lui si che sa sognare in grande. Nella sua tenuta, gli alberi di mango ci fanno ombra mentre ci racconta della scuola che ha aperto per formare giovani agricoltori come lui. Ogni anno accoglie tantissime persone a cui insegna tecniche agroecologiche e come creare un business agricolo stabile e redditizio. Per la raccolta delle fragole viene chiamata a partecipare tutta la comunità, che è presente come ad una festa. Ha deciso di affidare alle donne del villaggio vicino il compito di trasformare le fragole in marmellata, succhi e yogurt, ce lo racconta mentre ci mostra le macchine che vengono utilizzate per questi processi. Le fragole dal campo vengono portate a ristoranti, supermercati e hotel di Dakar e dintorni sul Fiat Doblò. Ho la netta convinzione che faranno tantissima strada.

Dopo aver viaggiato attraversando chilometri e chilometri di piantagioni di riso, veniamo accolti da Mamadou che ha deciso di fondare nella regione di Ronkh una cooperativa di produttori ortofrutticoli. Il suo vestito blu e nero si intona benissimo con il verde delle piantagioni e il suo sorriso brilla sotto il sole cocente delle undici di mattina. La cooperativa nasce nel 2021 per risolvere il problema della vendita dei prodotti, che è difficile organizzare in solitaria in una zona come quella. La loro prospettiva è quella di passare ad una produzione totalmente biologica, cercando di lavorare in un modo più equilibrato con l’ecosistema in cui sono immersi. Una prospettiva speranzosa in una zona del Senegal dove la monocoltivazione intensiva la fa da padrona e la biodiversità rischia di essere un ricordo lontano.

Passiamo da una zona all’altra, da un verde a un altro ma i valori sono sempre gli stessi: lavorare la terra in un modo più reciproco, più sostenibile, più comunitario. E questa prospettiva non è importante solo per il Senegal, è importante per tuttə noi.

Il lavoro di CISV in Senegal è profondamente radicato in questi valori e l’accompagnare queste imprese nella realizzazione dei propri progetti e desideri è una prova di continuità con il passato e di prospettiva per il futuro.

Ringrazio Elena, Sara e Loum, i mie colleghi che mi hanno permesso di attraversare queste storie e queste campagne, accompagnandomi, spiegandomi tantissime cose e condividendo le avventure che delle giornate così piene di vita non possono non contenere. Li ringrazio per il lavoro che tutti i giorni fanno insieme al resto dell’equipe di CISV Senegal, con professionalità, passione e tanta pazienza.

Per sostenere il nostro lavoro in Senegal e le imprese sociali verdi del progetto PROVIVES sostenete la nostra campagna “Il lavoro dei sogni” cliccando qui: https://www.retedeldono.it/progetto/il-lavoro-dei-sogni

Con una piccola donazione riceverete un pezzettino di Senegal da portare sempre con voi, sperando vi faccia pensare a chi pianta un seme di speranza tutti i giorni.

Giù D’Ottavio – Referente della comunicazione di CISV – di ritorno dal Senegal 🙂

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