Che chicchi in Senegal!
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Il riso abbonda… nei piatti senegalesi! Che bontà il thiebou dieune o il riso jollof, piccanti e ricchi di ingredienti di terra e di mare. I chicchi si uniscono al pesce, al pollo, alle spezie, al pomodoro e alle verdure creando un mix esplosivo di sapori, da provare sicuramente! Come tantissimi piatti considerati tradizionali, la loro storia è molto più recente di quella che pensiamo. In Senegal la coltivazione del riso è stata consolidata dalla colonia francese, che lo introdusse in tutto il paese alla fine del XIX secolo. 

Il cereale è quasi riuscito a spazzare via le antiche coltivazioni autoctone di miglio e sorgo, prima largamente diffusi e consumati. Questo ha provocato un cambio drastico nella dieta della popolazione, creando una domanda che sarebbe difficile sostenere solo con la produzione interna. La dipendenza da importazioni e la perdita di coltivazioni e sementi originarie non è mai una buona notizia per l’economia e per la biodiversità.

Nel tour delle imprese sociali del nostro progetto PROVIVES, facciamo tappa a Ronkh, una zona dove per chilometri e chilometri non si vede nient’altro che coltivazioni di riso. Questo territorio si estende lungo il fiume Senegal ed è stata prescelto per la coltivazione dell’ormai insostituibile cereale da un piano governativo degli anni ’80 che ha richiamato tantissime persone da varie parti del Paese con la promessa di lavoro.

Tra il verde delle risaie, l’azzurro del cielo di mezzogiorno e il bianco delle gazze, spunta un villaggio con un magazzino al suo ingresso. Ci sistemiamo all’ombra per cercare di scappare dal caldo impertinente e iniziamo la nostra chiacchierata con le produttrici del gruppo “Gie de Femmes de Wassoul”. A parlarci è la presidentessa Kumbala, abbiamo bisogno della traduzione in diretta dal Wolof, questo instaura una conversione mediata ma allo stesso tempo profonda, gli occhi e il sorriso parlando la stessa lingua in tutto il mondo.

Il gruppo di donne si occupa da molti anni della produzione, dello stoccaggio e della lavorazione del riso. E’ sempre bello vedere gli alimenti nel loro stato originario, aiuta a nutrirsi con la coscienza dei lunghi processi che portano il cibo nei piatti e a rendere grazie a chi lavora quotidianamente perché questo avvenga. “Lavoriamo tutte insieme dieci ettari di terra, dalla semina, alla trebbiatura, alla raccolta. Nel gruppo siamo tutte donne ma ci facciamo aiutare anche dagli uomini per le parti più pesanti del lavoro e per il trasporto fino ai campi.”. La saggezza di Kumbala traspare un po’ dalla rughe e un po’ dal tono in cui si rivolge alla macchina fotografica: “La donna è la mamma della società, è essenziale che le donne partecipino alla gestione del lavoro e del territorio, sono una parte fondamentale. Siamo partite per fare un gruppo di risparmio e poi abbiamo visto nella produzione e trasformazione di riso un’occasione di protagonismo”.

Prende poi parola una sua compagna per raccontarci dei dettagli più tecnici e di come grazie al progetto hanno migliorato l’infrastruttura produttiva e risistemato i bagni. Dentro al magazzino ci divertiamo a fare un po’ di foto anche con i ragazzi che aiutano nell’utilizzo dei macchinari e improvvisiamo un pranzo di biscotti e succo di frutta che ci regala la dose di zuccheri necessaria ad affrontare il caldo. “Sono molto contenta” mi dice in francese la presidentessa, “Ma non sa quanto lo sono io!”.

Dal riso al cous cous, il nostro tour, a questo punto anche gastronomico, fa tappa dal coloratissimo gruppo del “Comité des femmes de Ronkh”, esperte di cereali, di orticultura e di grandi risate. Ci sediamo in cerchio per ascoltare il racconto della loro storia da parte della presidentessa Farmata Diop. “Siamo 342 donne nella nostra organizzazione e ci occupiamo di produzione di riso, di gombo e di cipolle soprattutto. Il nostro più grande ostacolo è non avere dei terreni di proprietà. Le donne non possono possedere terre proprie ma possono gestirli con l’autorizzazione di un uomo della famiglia, siamo lontane dal pensare che questo cambi ma il nostro sogno è quello di avere un terreno collettivo tutto nostro.”

Prende poi la parola una delle compagne di Farmata che si vedeva che stava tenendosi: “Stare insieme come donne ci aiuta a condividere tempo, problemi e punti di vista, oltre che il lavoro. L’unione fa davvero la forza! Speriamo di essere sempre accompagnate da progetti come i vostri, che ci aiutano a formarci e migliorare la qualità delle nostre produzioni”.

Vista l’atmosfera così rilassata e allegra ci divertiamo facendo foto di gruppo molto girl power e ci viene regalato un pacco di cous cous che portiamo a casa con l’emozione di aver compreso quanto amore c’è dentro un sacchettino da 250 grammi. Questa giornata piena di chicchi e di chicche si chiude con il rientro verso Louga su una lunga strada sterrata con il sole che va a dormire e noi assonatə ma felici.

Quante storie hanno la fortuna di ascoltare le mie orecchie in una sola giornata, quanta bellezza c’è dietro gli alimenti prodotti in collettività e amicizia. Per sostenere il lavoro di queste imprese sociali e di tantissime altre che abbiamo la fortuna di accompagnare come CISV in Senegal, potete partecipare con una donazione alla campagna “Il lavoro dei sogni” cliccando qui: https://www.retedeldono.it/progetto/il-lavoro-dei-sogni

Articolo di Giù D’Ottavio – Referente della comunicazione di CISV di recente ritorno dal Senegal

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