Un susseguirsi di intimidazioni e minacce al redattore capo de L’Evénement, giornale della stampa indipendente di Ouagadougou
Newton Ahmed Barry, giornalista e redattore capo de L’Evénement, in questi giorni ha lanciato un appello alle organizzazioni per i diritti umani e la libertà di stampa, denunciando le pesanti minacce alla sua sicurezza e alla sua vita.
Giornalista investigativo, nel 2001 è stato co-fondatore a Ouagadougou del bimensile L’Evénement, ben presto nel mirino del regime burkinabè che negli anni ha moltiplicato gli atti intimidatori nei suoi confronti. «A ogni situazione di crisi del Paese», ha dichiarato Barry, «vista l’audience del nostro giornale le azioni di controllo, intimidazione e minaccia hanno continuato ad accrescersi».
Nel 2001, al culmine della crisi seguita all’omicidio del giornalista Norbert Zongo, il nome di Newton A. Barry è finito in una lista di persone da eliminare, attribuita a sedicenti “banditi”. La direzione di Sicurezza dello Stato lo ha convocato per consegnargli il testo della minaccia. Ma, a quanto risulta, non è stato preso alcun provvedimento per la sua protezione. Sempre nel 2001, per dissuadere L’Evénement dal realizzare un’inchiesta sulla morte (in circostanze misteriose) dell’ex ministro ivoriano Balla Keita, all’epoca rifugiato in Burkina Faso, il ministro della Sicurezza e il Capo di stato maggiore della gendarmeria avrebbero accusato Barry di essere in combutta con l’estero. Convocato e interrogato per ore, è stato poi rilasciato senza che la faccenda avesse seguito. «I giornali vicini al regime avevano riportato la notizia dandole un contenuto totalmente strampalato» sostiene Barry.
Nel 2006, quando il giudice istruttorio pronuncia il non luogo a procedere nell’affare Norbert Zongo – il giornalista assassinato nel dicembre 1998, per cui sono coinvolti alcuni elementi della guardia presidenziale – Newton A. Barry è stato condotto in tribunale e condannato a tre mesi di prigione con la condizionale, per aver scritto che “tutti i fatti, tutte le indagini serie svolte nell’ambito di questo dossier chiamano in causa François Compaoré” (il fratello del presidente del Burkina Faso, Blaise Compaorè, ndr). Barry ha rigettato la condanna in appello, ma il suo ricorso non ha mai avuto seguito.
Nel 2008 poi, sfruttando una banale questione tra amici, i servizi governativi insieme al giornale di Stato “Sidwaya” hanno imbastito una montatura per offuscare il suo onore e screditarlo. In un primo tempo Barry è stato accusato di “aver rubato una vettura in Benin e di essere stato intercettato dalla polizia mentre attraversava il Togo”. Il “Sidwaya”, dichiara il giornalista, ha voluto accreditare la storia inviando a Lomé dei reporter, a spese dei contribuenti, per intervistare il proprietario dell’automobile. Lo stesso giornale, ricorda Barry, «malgrado la mia insistenza ha rifiutato di accordarmi un’intervista per avere il diritto di replica e permettermi di ristabilire la verità dei fatti. Per contro, è stata concessa una lunga intervista al mio accusatore, in cui egli spiega in che modo avrei commesso “un abuso di fiducia” nei suoi riguardi. All’epoca ho citato in tribunale il “Sidwaya” e ho vinto il processo».
Con la salita della febbre politica negli ultimi anni, e l’intenzione espressa dal presidente Blaise Compaoré di rivedere l’articolo 37 della Costituzione per sopprimere la clausola che limita a due i mandati presidenziali, la pressione su Barry si è ulteriormente accresciuta.
Nel febbraio 2014 c’è stata un’intrusione notturna presso il suo domicilio, mentre lui era assente. Il custode è stato ferito gravemente e ha dovuto assentarsi dal lavoro per un mese. Una denuncia è stata depositata al SRPJ, Servizio Regionale di Polizia Giudiziaria, di Wemtenga (quartiere di Ouagadougou).
Nel maggio 2014, l’automobile di Barry è stata scassinata, i vetri rotti e sono stati sottratti alcuni effetti personali. La polizia di Wemtenga è andata a fare la constatazione del danno. In seguito il custode, per la propria sicurezza, ha deciso di dare le dimissioni. «I custodi rifiutano di sorvegliare casa mia, perché sono spaventati» dice Barry.
Ultimo episodio in ordine di tempo: il furto con scasso alla sede de L’Evénement, lo scorso 30 luglio. I ladri evidentemente ce l’avevano con il redattore capo il cui ufficio è stato accuratamente perquisito. «Il mio computer, il mio cellulare, una somma significativa di denaro e i miei dossier sono stati rubati», racconta il giornalista burkinabè. «I ladri non hanno portato via nulla dagli altri uffici, pur trovandovi oggetti di valore. In realtà questo furto va legato a due dossier “sensibili” su cui stiamo facendo un lavoro d’inchiesta». Si tratta dell’”affare Salif Nébié”, giudice del Consiglio Costituzionale morto in circostanze misteriose nel maggio 2014, e dell’”affare” dell’esplosione avvenuta a Larlè il 15 luglio scorso, che ha fatto 5 morti e numerosi feriti.
Ma perché adesso Newton A. Barry si è deciso a lanciare l’allarme sulle vicende che lo riguardano? «Mi sono lasciato convincere dalle pressioni degli amici», ammette, «ma sono convinto che ci sia poco da fare contro il potere dei servizi statali. Siamo in un frangente dove la ragione ha abbandonato molti politici. L’impensabile è ormai possibile». E aggiunge con amarezza: «Questa allerta non cambierà nulla al presente. Le forme di eliminazione si sono molto perfezionate in questi ultimi anni. Ma spero che possa servire per le generazioni future».
Fonte: L’Evènement