di Sara Fischetti
Non si parla mai sui nostri giornali dei Paesi africani e, fino a qualche giorno fa, se avessi domandato alla maggior parte delle persone che conosco dove si trova la Guinea, avrebbero avuto qualche problema a collocarla nel continente africano. Da qualche settimana però il nome Guinea è associato sui giornali a quello più terribile e spaventoso di “Ebola”. Informare è sicuramente giusto e importante, soprattutto quando si tratta di malattie molto pericolose, ma rischia di diventare terrorismo psicologico se non viene fatto in modo corretto e soprattutto rischia di fomentare una ingiustificata paura dello straniero: quante persone ho sentito dire: “e se gli immigrati che arrivano sui barconi sono malati di Ebola?”
Oltre a rassicurare che, benché sia una malattia terribile, non è così facile che il contagio arrivi in Italia, vorrei raccontare che la Guinea non è solo questo ed è un po’ triste che si parli di questi Paesi solo in riferimento alle epidemie.
Sono stata in Guinea quindici giorni nel mese di marzo, a Kan Kan, capoluogo della Hauté Guinée al confine con il Mali. Le infrastrutture sono molto carenti: le strade che la uniscono alla capitale sono in pessimo stato e la città soffre di una mancanza cronica di elettricità; nonostante queste difficoltà Kan Kan è una città molto vivace, è la seconda del Paese, nodo commerciale importante vista la vicinanza con il Mali e sede di una importante università.
In questa regione il Consorzio CISV -LVIA lavora con i risicoltori e con le donne orticoltrici. Negli ultimi anni sono stati costruiti 5 magazzini che hanno la funzione di centri commerciali, dove gli agricoltori possono acquistare sementi e concimi a credito e stoccare i loro prodotti al momento del raccolto. Con le organizzazioni di produttori sono stati anche organizzati corsi di formazione per migliorare le tecniche colturali. I centri commerciali sono stati dotati di trattori e trebbiatrici per i lavori nei campi, di macchine decorticatrici e di fusti per fare il “riz etuvé”. Infine alcuni centri sono stati dotati di tunnel solari per seccare i prodotti orticoli. Tutte queste trasformazioni permettono di valorizzare il prodotto e di venderlo a un prezzo maggiore sul mercato, oltre a garantirne una migliore conservazione. I centri commerciali si sono coordinati tra loro e hanno dato vita a una cooperativa per l’approvvigionamento e per la commercializzazione. Il processo quindi copre tutta la filiera: dalla produzione alla trasformazione, fino ad arrivare alla commercializzazione.
Gli agricoltori sono molto soddisfatti del lavoro svolto, soprattutto le donne che hanno appreso nuove tecniche di trasformazione e possono valorizzare i loro prodotti. Mi raccontano come stiano sperimentando i tunnel solari con differenti prodotti: il mango, le foglie di patate dolci, le cipolle… E poi provano a venderli per vedere quali siano i più richiesti dal mercato. Vogliono imparare ancora: molte di loro sono analfabete e vorrebbero imparare a leggere e scrivere, vogliono imparare altre tecniche per trasformare i prodotti del loro orto, vogliono cimentarsi con la produzione di sapone.
Hanno visto che la loro vita può cambiare in meglio, e ce la stanno mettendo tutta. La Guinea è anche questo…