Più di un anno dopo 1) il colpo di Stato, 2) l’invasione e occupazione da parte di gruppi ribelli, gruppi terroristi e trafficanti vari di più di metà del territorio nazionale, 3) uno zoppicante governo di unità nazionale… finalmente la scorsa estate in Mali ci sono state le elezioni.
L’affluenza è stata da record: mai in tutta la storia del Paese dall’indipendenza a oggi, si era vista una tale partecipazione (in alcune zone quasi del 50%). Questo è sicuramente un dato molto positivo che testimonia la voglia dei maliani di un ritorno alla normalità e alla stabilità, dopo tanto tempo. Altro dato positivo, il clima nel quale le elezioni si sono svolte: sereno, quasi festoso, molto partecipato e speranzoso.
Anche i candidati si sono “comportati bene”: quando ormai – alla fine del secondo turno – si era capito che Ibrahim Boubacar Keita aveva vinto, lo sconfitto Soumalia Cissé, senza nemmeno attendere la proclamazione ufficiale, si è recato personalmente da Boubacar Keita per congratularsi. Un segno di maturità democratica che non era scontato.
Anche gli osservatori elettorali, sia maliani che internazionali, hanno salutato positivamente le elezioni e hanno dichiarato che si sono svolte correttamente. Certo, gli osservatori internazionali non sono potuti andare al nord – ancora troppo pericoloso per i toubab (i bianchi) – e quindi lì le operazioni di voto non sono state monitorate come quelle al sud. Ci sono stati alcuni disordini di tipo amministrativo (tessere elettorali mancanti, non recapitate..) ma globalmente sono state elezioni libere e corrette, salutate positivamente dall’opinione pubblica maliana e internazionale.
E adesso? Se dal punto di vista politico sembrano essere tutte rose e fiori, non è lo stesso dal punto di vista sociale. Infatti non sarà certo facile il processo di riconciliazione tra le diverse etnie che, soprattutto al nord, hanno vissuto momenti di forte tensione e, purtroppo, anche scontri interetnici. Il Mali, e soprattutto il nord del Paese, ha da sempre avuto difficoltà a gestire, in quanto Stato unitario, le diverse “anime” della nazione. La frammentazione etnica, pur essendo una fonte di ricchezza per il Paese e la sua cultura, ha da sempre posto vari problemi: richiesta di maggiore autonomia delle regioni del nord, scontri tra etnie dedite alla pastorizia ed etnie di agricoltori, ecc.
Questi problemi si sono ovviamente esacerbati con la crisi del nord e la sua occupazione e, con le nuove elezioni, si ripone la questione di un governo che sia davvero in grado di rappresentare, in modo armonico ed equilibrato, tutte le componenti nazionali.
La grande sfida è dunque la riconciliazione tra le diverse etnie, cosa non facile. Come ritornare alla normalità con il tuo vicino di casa che ha preso le armi contro di te? Come perdonare il tuo dirimpettaio che ha razziato casa tua mentre eri scappato al sud durante la guerra? Come accettare che nella tua città tornino a vivere persone che hanno preso le armi contro la città stessa?
Ci sarà mai giustizia per le violenze o i soprusi subiti da molti? Si potrà mai perdonare?
Queste sono le domande che si pongono molti maliani. E alle quali è difficile dare una risposta.
Sicuramente i maliani sono di “indole buona”, sono un popolo pacifico che ha solo voglia che tutto torni come prima di quel terribile 12 marzo 2012 e di tutte le conseguenze catastrofiche che ha portato. Ma, altrettanto sicuro, è che ci vorrà tempo, molto tempo.
Di Cecile Michel