L’agricoltura in Benin non è donna, ma lo sarà

dell’équipe CISV Benin

Il Benin è passato all’ideologia del libero mercato nel 1990 dopo un periodo durante il quale, a partire dal 30 novembre 1974, il Presidente Ahmed Mathieu Kérékou aveva deciso di aderire all’ideologia marxista-leninista. Le banche e le industrie petrolifere vennero nazionalizzate, il Partito della Rivoluzione del Benin divenne l’unico Partito esistente e, nel 1980, Kérékou venne eletto Presidente dell’Assemblea Nazionale Rivoluzionaria.

Il governo rivoluzionario vide la sua fine con la destituzione del Presidente nel 1989 e, a partire da quel momento, si procedette alla filo-occidentalizzazione del Paese che, in ogni caso, presentava una forte carenza di materie prime e una economia prevalentemente agricola legata solamente all’esportazione dell’olio di palma.

Il movimento contadino beninese, dopo aver conosciuto un forte impulso di carattere cooperativo durante il periodo marxista-leninista, sembra essere stato congelato o quanto meno indebolito nelle sue fondamenta. Un forte tasso di analfabetismo strutturale nelle zone rurali, la mancanza di infrastrutture e l’indebolimento del ruolo della donna fanno si che oggi il Benin non abbia la struttura necessaria per mettere a sistema due delle risorse che comunque caratterizzano buona parte del Paese : la buona terra e l’acqua.

CISV lavora nel dipartimento del Ouémé, zona a sud-ovest del Benin, che comprende non solo il comune di Porto Novo (capitale del Paese), ma anche altri importanti comuni a vocazione agricola: Adjohoun, Bonou, Dangbo e altri. In questi ultimi tre comuni, CISV lavora da anni per promuovere i diritti dei bambini e delle donne, ancora oggi oggetto di mercimoni, tratte e violenze fisiche.

A questo proposito, mi torna in mente lo sguardo della piccola bimba incontrata nel bel centro La Passerelle, a Porto Novo. Centro residenziale di accoglienza di bambine e donne, luogo vero di lotta alla violenza perpetrata, in queste zone estremamente povere, alle donne fin dalla più tenera età. La piccola ha più o meno 5 anni. Non sono poche le bambine che a questa età subiscono violenze fisiche, purtroppo. Le sue mani fasciate lasciano scoperte delle piccole parti ustionate. E a un istintivo approfondimento, l’assistente sociale che ci accompagna ci racconta brevemente che alla bimba sono state bruciate le mani. Ci fermiamo. Non andiamo oltre nella curiosità.

Passano due giorni e facciamo visita a un gruppo di donne trasformatrici di olio di palma e di manioca, prodotti trainanti da queste parti. Cambia la musica. La violenza incontrata in precedenza lascia il passo a una certa solidità di gruppo. A una lucida consapevolezza della propria forza. ‘Siamo donne libere’, tuona una di loro all’ennesima domanda impertinente sulle relazioni con la parte maschile della famiglia. E ci sembra subito chiaro che questa emancipazione sia stata dettata dal lavoro agricolo, dalla piccola autonomia finanziaria e dal riconoscimento sociale nel villaggio che ciascuna di queste donne più o meno giovani ricava dal lavoro quotidiano con la terra. E allora parliamo, cerchiamo di chiarirci le idee, di approfondire le situazioni intense che abbiamo visto. E il fatto che la squadra CISV in Benin sia tutta femminile (Simona, Sofia, Chiara C. e Chiara R.) a parte me, mi sembra un’ottima cosa, un elemento di vicinanza con questa parte di mondo, dove lavoreremo per mettere insieme terra, diritti e donne di tutte le età. Affinché, anche in questa porzione bellissima d’Africa, le donne possano condurre insieme a CISV un percorso di emancipazione che arrivi, nel Ouémé, a dimostrare che la buona agricoltura libera la donna. Anche in Benin.