Intervista realizzata da Gaia Bacin, volontaria in servizio civile in Senegal.
Simona De Caro, studentessa selezionata nel programma Uni.Coo dell’Università di Torino, ci racconta la sua esperienza in Senegal. A un mese dall’arrivo a Saint-Louis, accompagnata dalla compagna di ricerca Francesca, Simona ha incontrato le micro imprese rurali del progetto PAISIM per realizzare le interviste, la raccolta dati e la mappatura nell’ambito di una ricerca per lo studio di genere.
In che consiste il progetto Uni.Coo? Cosa ti ha spinto a intraprendere questa esperienza?
Il progetto Uni.Coo è un bando che permette agli studenti di fare ricerca sul campo nell’ambito di progetti di cooperazione allo sviluppo di cui l’Università di Torino è partner.
Questo bando rappresenta un’occasione unica e tutelata, grazie all’appoggio dell’Università e dell’ONG in loco, per tastare con mano il mondo della cooperazione internazionale, sperimentarsi nel ruolo di ricercatore e fare un’esperienza di vita in un Paese impoverito.
Ho partecipato a Uni.Coo perché avevo bisogno di mettermi alla prova e di confrontarmi in maniera pratica con le conoscenze acquisite sui manuali. Attualmente mi trovo a Saint-Louis a svolgere la prima parte della ricerca per la realizzazione dello studio di genere, nell’ambito del progetto PAISIM – Programma di Appoggio all’Impresa Rurale e Iniziativa Migrante, che opera nelle regioni di Saint-Louis, Louga e Thiès, di cui CISV è capofila.
Qual è il tuo ruolo nel progetto PAISIM?
Il nostro obiettivo è comprendere la realtà delle microimprese rurali beneficiarie del progetto, attraverso l’intervista e la mappatura di 20 microimprese per ognuna delle tre regioni di intervento (Saint-Louis, Louga e Thiès) per un totale di 60 microimprese. Tramite il nostro lavoro cercheremo di individuare il profilo dei membri che le compongono prendendo in considerazione elementi quali il percorso educativo, il rapporto con la famiglia e le condizioni lavorative femminili.
La ricerca per lo studio di genere appare estremamente interessante nel progetto: dalla selezione condotta dall’équipe PAISIM è emerso che l’80% circa di queste microimprese è gestito e composto principalmente da donne. La domanda sul perché ci siano in Senegal così tante donne attive nella micro imprenditoria rurale sorge spontanea. Il mio lavoro, quindi, è capire che tipo di donna lavora in questi ambiti, che ruolo ha nella società e come questo venga percepito dalla società stessa.
Lo scopo finale è individuare indicatori di genere per la comprensione del contesto senegalese che possano essere utili per il futuro.
La ricerca sul campo ti permette uno sguardo privilegiato rispetto alla micro imprenditoria rurale femminile senegalese. In che modo quello che hai osservato sul terreno differisce dalle aspettative pre partenza?
Una parte di me non aveva idea di cosa aspettarsi dalla società senegalese, ancor meno dalla realtà rurale. Un’altra parte, invece, si aspettava che la forte presenza femminile celasse in realtà un controllo maschile. Invece ciò che mi ha più colpito riguarda proprio l’elevato grado di autonomia delle donne nella sfera lavorativa, il supporto al lavoro femminile da parte dei mariti e soprattutto la decisione della donna di lavorare perché desidera farlo, al fine di perseguire una propria strada a prescindere dal lavoro del coniuge.
Inoltre ho constatato la presenza di processi di governance democratici e paritari tra gli uomini e le donne delle microimprese: i principi di solidarietà e reciprocità sono sicuramente alla base dei loro comportamenti.
Le imprese selezionate nell’ambito del PAISIM sono a tutti gli effetti imprese sociali. Cosa ti ha colpito di questo loro impegno?
L’idea di prendersi cura della comunità, l’idea di sostenersi a vicenda appare radicata in ciascuna delle imprese visitate. Le frasi che sento dire più spesso sono “l’unione fa la forza”, “essere insieme è molto meglio che essere divisi”. Il senso comune è quello di aiutarsi reciprocamente e condividere il più possibile: dalle conoscenze alle tecniche agricole acquisite durante le formazioni.
I membri delle microimprese si sentono responsabili per la propria comunità e con le entrate derivanti dalle loro attività economiche, sostenute dal progetto, contribuiscono alla costruzione di scuole e moschee, si adoperano per la sensibilizzazione in ambito sanitario e di pianificazione familiare, e danno il loro appoggio a tante altre iniziative volte a stimolare lo sviluppo e il benessere dell’intera collettività.