di Pietro Orfei, Studente Master ICT for Development and Social Good, a.a. 2020/2021 presso l’Università degli Studi di Torino, in stage presso CISV/Ong 2.0 – agosto 2021
Nell’immaginario collettivo il mondo rurale e quello digitale sono agli antipodi. Con il progetto DIGIT-ALF si incontrano e si scontrano dando luogo a risultati attesi e inattesi. CISV e ONG 2.0 incontrano le comunità rurali beneficiarie del progetto per raccogliere le prime esperienze di questa ambiziosa iniziativa. E da questo incontro nasce quanto segue: un coro unanime di voci, seppur ricco di diversità.
Siamo nella regione pastorale del Ferlo, nel nord del Senegal. Si tratta di un’area semidesertica, di incontro e transumanza per i pastori Peul, senegalesi e mauritani. Il Ferlo è anche lo spazio in cui CISV e RBM da anni collaborano per garantire la sicurezza alimentare delle comunità presenti. Abbiamo già raccontato come grazie al progetto PARSA sono stati individuati dei magazzini nel territorio e riforniti di stock di mangime per le mandrie. Così facendo si è riusciti a garantire una corretta alimentazione nei periodi di siccità (Dicembre-Giugno) del bestiame e di conseguenza anche delle persone che si sono stabilite lì negli anni e grazie ad interventi sostenibili di cooperazione internazionale.
Purtroppo la necessità dei pastori di ricercare cibo ed acqua per le mandrie durante la stagione secca permane. La siccità è sempre più intensa a causa del cambiamento climatico, nonché diventa inevitabile per gli allevatori spostarsi verso le zone verdi a causa del costo eccessivo del mangime acquistato per unità. Tutto ciò è causa di instabilità per le popolazioni Peul che usufruiscono dei beni e alimenti di origine animale.
In questo contesto si inserisce DIGIT- ALF, progetto promosso dalla Fondazione Cariplo nel programma delle Tecnologie per lo Sviluppo Sostenibile in partenariato con CISV, RBM (Reseau Billittal Maroobe, rete internazionale che tutela i pastori transumanti) e ProSE (studio senegalese di consulenza informatica).
Da una parte abbiamo la complessità del Ferlo, territorio disomogeneo di transumanze e grandi distanze. Dall’altra abbiamo il digitale con i suoi strumenti per rispondere ai bisogni delle società. Più nello specifico il sistema Hatsi Jari, piattaforma (sia web che in formato app per i sistemi Android) nata con l’intento di garantire disponibilità e accessibilità dei prodotti di origine animale per la popolazione.
Dopo una formazione tecnica da parte di ProSE, incaricato prima di inserire sul sistema i 6 magazzini coinvolti che hanno ricevuto lo stock di mangime nel quadro del progetto PARSA e poi di illustrare Hatsi Jari ai beneficiari, il progetto ha vissuto la sua prima fase tra Aprile e fine Giugno 2021.
A Luglio, come ONG 2.0 e CISV, abbiamo svolto una missione nel Ferlo proprio per valutare i benefici dell’intervento. Assieme al capoprogetto locale, Mamadou Cissé, ed il presidente di RBM, Aliou Samba BA, abbiamo raccolto le esperienze ed impressioni delle sei comunità coinvolte nel progetto (a Dahra, Linguère, Dayane, Namarel, Bombodé e Ganina), cercando di rendere visibile l’invisibile.
Dando voce ai magazzinieri e alle relative organizzazioni pastorali coinvolte nella gestione dei magazzini, nonché ai pastori anch’essi beneficiari di progetto, apprendiamo la varietà di sfumature che il digitale porta sempre con sé quando tocca altri mondi.
Abbiamo incontrato in tutto 46 persone e lo abbiamo fatto in cerchio, attraverso focus group che garantissero a tutti la possibilità di esprimersi e scambiare impressioni, di comprendere il prossimo e le sue ragioni. Il capoprogetto e il presidente di RBM si sono occupati di tradurre di volta in volta dal francese al pulaar (lingua dei Peul), e viceversa, rendendo possibile il dialogo.
Veniamo a conoscenza da parte dei magazzinieri delle difficoltà di gestione di un magazzino. Dalla mole di dati raccolti e da dover controllare e rendicontare, a quelle riferite alla visibilità e al difficile accesso che i pastori hanno agli stock di mangime. Infatti, tre dei sei magazzini sorgono in luoghi privi di segnale per cui è impossibile conoscere le quantità disponibili e i prezzi se non recandosi nel luogo fisicamente. Con Hatsi Jari, i magazzinieri si trovano a gestire gli stock alimentari, le quantità, i prezzi e le transazioni in modo più rapido e trasparente.
Ci sono però delle parole ricorrenti nei racconti delle comunità di Dahra, Linguère, Dayane, Namarel, Bombodé e Ganina. La prima è FORMAZIONE. Una formazione resa complessa dalle barriere linguistiche, essendo l’app in lingua francese e non in lingua locale, ma anche da una scarsa alfabetizzazione di base. Una formazione che viene richiesta a gran voce e non solo per i magazzinieri, ma anche per le figure che gravitano nelle organizzazioni pastorali: animatori, membri dei comitati, pastori stessi.
La seconda parola che torna costante nei discorsi è CONNESSIONE. Introdurre uno strumento digitale in un contesto in cui tre dei sei magazzini sono sprovvisti di segnale sembra un azzardo. Tuttavia ci sono anche dei risultati inattesi: i magazzinieri di queste zone sono tra i più precisi nel comunicare i dati, trasmettendoli con costanza a ProSE per aggiornare i sistemi e consentire ai pastori di usufruire delle giuste informazioni.
Quando si parla di difficoltà riscontrate e migliorie in vista della seconda fase, prevista per la fine della stagione delle piogge (ossia novembre-dicembre) sentiamo spesso la parola SENSIBILIZZAZIONE. Nella società odierna, ciò che non si comunica non esiste: questo nel Ferlo è chiaro più che a noi stessi. Come si convince un pastore ad aderire e comprare con uno strumento digitale, quando si è sempre acquistato con i soldi in tasca e recandosi sul posto? Quando non ci sono i mezzi digitali o la connessione per farlo, quando le transazioni sembrano esser più sicure se fatte di persona che attraverso l’applicazione di un telefono?
Questi sono i punti principali che ciascuna comunità interessata dal progetto ha fatto emergere durante i nostri incontri. E se si uniscono tutti i punti tra loro, notiamo che i frutti di questo incontro tra digitale e rurale sono attesi e inattesi, prevedibili e imprevedibili. C’è tanto da fare affinché il dialogo tra questi due mondi non sia mai il prevalere di uno sull’altro, ma il modo di tracciare nuovi orizzonti. Perché in ogni cosa c’è il buono e il cattivo, ma solo ciò che è buono dà nutrimento.
Mi ritorna in mente una sera a Namarel. Abbiamo da poco finito le interviste per quel giorno. Sono circa le dieci di sera, siamo attorno allo stesso piatto e mangiamo sotto un cielo stellato privo di luci artificiali che offuschino il panorama. Ripenso a quanto ci siamo detti e a quanto sto apprendendo in questi giorni, arrovellandomi nel cercare una soluzione per rendere proficuo il dialogo tra il Ferlo e il mondo digitale. Poi mi guardo attorno, ci osservo con occhio esterno e mi ritrovo a pensare che se condividiamo lo stesso pasto e siamo sotto lo stesso cielo, non siamo poi così lontani.
Versione francese dell’articolo
DE CE MONDE ET DES AUTRES. L’ÉLEVAGE ET LE NUMÉRIQUE DANS LE FERLO, au Senegal.
par Pietro Orfei, stageur CISV/Ong 2.0 – Août 2021
Dans l’imaginaire collectif, le monde rural et le monde numérique sont aux antipodes. Avec le projet DIGIT-ALF, ils se rencontrent et s’affrontent, donnant lieu à des résultats attendus et inattendus. CISV et NGO 2.0 rencontrent les communautés rurales bénéficiaires du projet pour recueillir les premières expériences de cette initiative ambitieuse. Et de cette rencontre naît ce qui suit : un chœur de voix unanime, bien que riche en diversité.
Nous sommes dans la région pastorale du Ferlo, au nord du Sénégal. C’est une zone semi-désertique, lieu de rencontre et de transhumance pour les bergers peuls, sénégalais et mauritaniens. Le Ferlo est aussi la zone où CISV et RBM travaillent ensemble depuis des années pour garantir la sécurité alimentaire des communautés qui y vivent. Nous avons déjà décrit comment, grâce au projet PARSA, des magasins ont été identifiés dans la région et approvisionnés en aliments pour les troupeaux. De cette manière, il a été possible de garantir une alimentation correcte pendant les périodes de sécheresse (décembre-juin) pour le bétail et, par conséquent, pour les personnes qui s’y sont installées au fil des ans, grâce à une coopération internationale durable.
Malheureusement, la nécessité pour les éleveurs de chercher de la nourriture et de l’eau pour leurs troupeaux pendant la saison sèche persiste. Les sécheresses sont de plus en plus intenses en raison du changement climatique, et il devient inévitable pour les éleveurs de se déplacer vers les zones vertes en raison du coût excessif des aliments achetés par unité. Tout ceci entraîne une instabilité pour le peuple peul qui bénéficie des biens et des aliments d’origine animale.
C’est dans ce contexte que s’inscrit DIGIT- ALF, un projet promu par la Fondazione Cariplo dans le cadre du programme Technologies pour le développement durable, en partenariat avec CISV, RBM (Réseau Billittal Maroobe, un réseau international qui protège les éleveurs transhumants) et ProSE (une société sénégalaise de conseil en informatique).
D’une part, nous avons la complexité du Ferlo, un territoire de transhumance et de grandes distances. De l’autre, nous avons le numérique et ses outils pour répondre aux besoins des sociétés. Plus précisément, le système Hatsi Jari, une plateforme (à la fois web et en format app pour les systèmes Android) créée dans l’intention de garantir la disponibilité et l’accessibilité des produits animaux pour la population.
Après une formation technique de ProSE, chargée d’abord d’initier au système les 6 magasins concernés qui recevaient le stock d’aliments pour animaux dans le cadre du projet PARSA et puis d’illustrer Hatsi Jari aux bénéficiaires, le projet a connu sa première phase entre avril et fin juin 2021.
En juillet, en tant qu’ONG 2.0 et CISV, nous avons effectué une mission au Ferlo pour évaluer les bénéfices de Hatsi Jari. Avec le chef de projet local, Mamadou Cissé, et le président de RBM, Aliou Samba BA, nous avons recueilli les expériences et les impressions des six communautés impliquées dans le projet (à Dahra, Linguère, Dayane, Namarel, Bombodé et Ganina), en essayant de rendre visible l’invisible.
En donnant la parole aux magasiniers et à leurs organisations pastorales impliqués dans la gestion des magasins, ainsi qu’aux pasteurs qui sont également bénéficiaires du projet, nous apprenons la variété des nuances que le numérique apporte toujours lorsqu’il touche d’autres mondes.
Nous avons rencontré 46 personnes au total et nous l’avons fait en cercle, par le biais de groupes de discussion qui ont permis à chacun de s’exprimer et d’échanger ses impressions, de comprendre ses voisins et leurs raisons. Le chef de projet et le président du RBM ont traduit du français en pulaar (la langue des Peuls) et vice versa, rendant ainsi le dialogue possible.
Nous avons appris des magasiniers les difficultés de la gestion d’un magasin. De la quantité de données collectées et devant être vérifiées et rapportées, à la visibilité et l’accès difficile des éleveurs aux stocks d’aliments pour animaux. En fait, trois des six magasins sont situés dans des lieux de signalisation privés, de sorte qu’il est impossible de connaître les quantités disponibles et les prix sans s’y rendre physiquement. Avec Hatsi Jari, les magasiniers se retrouvent à gérer les stocks de nourriture, les quantités, les prix et les transactions de manière plus rapide et transparente.
Cependant, il y a quelques mots récurrents dans les histoires des communautés de Dahra, Linguère, Dayane, Namarel, Bombodé et Ganina. Le premier est FORMATION. Une formation rendue complexe par les barrières linguistiques, étant comme l’application en français et non dans la langue locale, mais aussi par une faible alphabétisation de base. Cette formation est très demandée, et pas seulement pour les magasiniers, mais aussi pour les personnes impliquées dans les organisations pastorales : animateurs, membres des comités, pasteurs eux-mêmes.
Le deuxième mot qui revient sans cesse est RÉSEAU. Introduire un outil numérique dans un contexte où trois des six magasins n’ont pas de signal semble un pari. Mais il y a aussi des résultats inattendus : les magasiniers de ces régions sont parmi les plus précis dans la communication des données, les transmettant constamment à ProSE pour mettre à jour les systèmes et permettre aux éleveurs d’obtenir les bonnes informations.
Lorsqu’on parle des difficultés rencontrées et des améliorations à apporter pour la deuxième phase, prévue pour la fin de la saison des pluies (c’est-à-dire novembre-décembre), on entend souvent le mot SENSIBILISATION. Dans la société actuelle, ce qui n’est pas communiqué n’existe pas : cela est plus clair pour Ferlo que pour nous-mêmes. Comment convaincre un pasteur d’adhérer et d’acheter avec un outil numérique, alors qu’on a toujours acheté avec de l’argent en poche et en se rendant sur place ? Quand il n’y a pas de moyen ou de réseau pour le faire, quand les transactions semblent plus sûres en personne que par le biais d’une application téléphonique.
Ce sont les principaux points que chaque communauté impliquée dans le projet a soulevés lors de nos réunions. Et si nous mettons tous les points ensemble, nous voyons que les fruits de cette rencontre entre le numérique et le rural sont à la fois attendus et inattendus, prévisibles et imprévisibles. Il y a beaucoup à faire pour que le dialogue entre ces deux mondes ne consiste jamais à faire prévaloir l’un sur l’autre, mais à tracer de nouveaux horizons. Parce qu’en toute chose il y a du bon et du mauvais, mais seul ce qui est bon donne de la nourriture.
Je me souviens d’une soirée à Namarel. Nous venons de terminer les entretiens d’aujourd’hui. Il est environ dix heures du soir, nous sommes assis autour de la même assiette et mangeons sous un ciel étoilé, sans lumière artificielle pour obscurcir la vue. Je pense à ce que nous avons dit et à ce que j’apprends ces jours-ci, m’efforçant de trouver une solution pour rentabiliser le dialogue entre Ferlo et le monde numérique. Alors je regarde autour de moi, je nous observe avec un œil extérieur et je me surprends à penser que si nous partageons le même repas et sommes sous le même ciel, nous ne sommes pas si éloignés.