A maggio si è celebrato il primo anniversario della sentenza (poi annullata) di genocidio contro la popolazione Maya Ixil. Ecco una sintesi della situazione nel Paese
A cura della Redazione CISV
Sabato mattina Catarina ha messo l’abito della festa. Un’occasione importante per lei, che la violenza e la furia dell’esercito guatemalteco nell’epoca di Rios Montt l’ha sentita sulla pelle, durante gli anni vissuti sulla montagna. Catarina faceva infatti parte delle CPR-s, le Comunidades de Poblaciones en Resistencia della Sierra integrate da popolazione civile Maya ixil e Maya k’iché, costrette a rifugiarsi sulle montagne durante il conflitto armato interno per sfuggire alla violenza dell’esercito (le CPR-s sono rimaste quasi 15 anni sulle montagne, sopravvivendo in condizioni di vita infra-umane). E sabato 10 maggio cadeva l’anniversario della sentenza contro l’ex dittatore Rios Montt, condannato per genocidio e crimini contro l’umanità dalla coraggiosa giudice Jazmín Barrios. Malgrado la sentenza sia stata annullata, dopo nemmeno un mese, dalla Corte Costituzionale, la sua proclamazione resta comunque storica: in quella mattina di maggio, nella città dell’eterna primavera, per la prima volta un ex capo di Stato fu condannato per genocidio non da un tribunale internazionale bensì da un tribunale di Stato.
Rios Montt, foto Amnesty International
Come per Catarina, il primo anniversario della sentenza di genocidio è stata un’occasione importante per tutto il popolo Ixil, riunitosi per chiedere giustizia, per gridare contro chi il genocidio lo vuole negare e per riaffermare la propria identità, scendendo in piazza con l’abito tradizionale. È così che questa data importante e simbolica è stata ricordata nella piazza di Chajul, cittadina della Regione Ixil situata vicino a Nebaj: gli abitanti dei due municipi si sono riuniti, e più di un centinaio di persone presenti in piazza hanno chiesto di combattere l’impunità e di fare giustizia al ritmo della batukada (suonata dalle compañeras della Defensoria della Mujer I’x di Nebaj).
Tuttavia, ignorando il coraggio e gli appelli di giustizia del popolo Ixil, il governo guatemalteco ha commemorato questa data in modo ben diverso: sospendendo ante tempo la procuratrice generale Claudia Paz y Paz – protagonista del processo contro Rios Montt – costringendola, mediante un cavillo tecnico, a rimettere il suo mandato con sette mesi di anticipo ed escludendola dalla rosa dei candidati per il successivo mandato, nonostante le sue impeccabili qualifiche e competenze; affermando inoltre, per bocca del ministro degli Interni Luis Bonilla, che “non c’è stato genocidio” e invitando il paese a focalizzarsi sul presente lasciandosi il passato alle spalle; ma soprattutto approvando, il 13 maggio, una nuova Risoluzione sulla Riconciliazione Nazionale che nega esplicitamente il genocidio, usando come scusa la necessità di non rivangare divisioni passate. Passi importanti che ricordano le parole di uno dei testimoni dell’accusa al processo dell’anno scorso, subito dopo l’annullamento della sentenza, “Jugamos en su campo, con sus propias reglas, les ganamos y no lo pudieron aceptar” (Abbiamo giocato nel loro campo, con le loro regole, li abbiamo battuti e non sono riusciti ad accettarlo), e che sembrano allontanare il Paese dalla pace e riconciliazione nazionale auspicata dal decreto legge appena approvato. Come ricordato dalla giudice Barrios il 13 maggio 2013, “perché esista pace in Guatemala, deve esistere prima di tutto la giustizia.”