Anna Calavita, 31 anni, una laurea in veterinaria, ha trascorso gli ultimi 8 anni della sua vita in Sahel, lavorando nei progetti CISV per il diritto al cibo e lo sviluppo delle attività agropastorali in Mali, Senegal, Niger e Burkina Faso. In questi giorni Anna ha terminato il suo prezioso lavoro e ha fatto ritorno in Italia, nella sua casa in provincia di Torino.
In queste righe condivide con noi la sua gioia per la casa ritrovata e la sua nostalgia per “l’altra” casa, quella africana, che ha dovuto salutare.
Partenza da quella “casa” (in Africa)
Niente grandi feste, sarei stata a disagio. Non festeggiavo in cuor mio.
Qualche chiamata col nodo in gola. Qualche riga per i più cari. Qualche abbraccio per i più vicini. Per tutti gli altri a Bamako: «Kodio, per favore, salutali tu da parte mia».
Il buio davanti. Sai cosa lasci ma non sai cosa trovi…: ma come, non sto tornando a “casa”?
Arrivo in questa “casa” (in Italia)
Accorgermi che la proporzione di toubab (bianchi)/farafi (neri) è improvvisamente invertita.
Cercare di riconoscere negli immigrati che incrocio la lingua parlata, cercare di capire da dove arrivano per sentire un po’ il calore di “casa”.
Evitare la domanda: “Contenta di essere tornata a casa?”.
Bisogno di isolarmi per capire dove sono, cosa ci faccio qui, cosa devo fare ora.
Sentirmi come se mi fossi improvvisamente trasferita là dove passavo le vacanze.
Ritrovarmi tra discorsi di gruppo e sentirmi come una persona che guarda i pesci in un acquario. Me ne sono andata ma il mondo non si è fermato, tante cose sono cambiate e non sono sicura di capire quello che questi pesci dicono, quello che provano.
Chiedermi cosa è stato reale di questi anni. Quello che è stato sembra svanire, diventare un sogno. O già lo era?
“Casa”
La “casa” non esiste. Sei a “casa” là dove stai bene, là dove c’è chi ti vuole bene e a cui tu vuoi bene. Non serve nient’altro e non c’è niente di più indispensabile per sentirsi a “casa”.
E poi, comunque, a “casa” prima o poi si torna sempre, ovunque essa sia. Non importa quante ce ne siano.
Anna Calavita