Rubrica Indigena/4: essere Donna, essere Resistenza
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di Giulia Caramaschi e Costanza Belli, già Corpi Civili di Pace in Colombia

«Questo è un momento sacro per tutti noi, poiché oggi stiamo ricevendo il vostro dolore di donne provato per i vostri cari, ma anche quello provato sui santuari dei vostri corpi». Così esordisce il Presidente della Commissione della Verità, Francisco De Roux, all’incontro organizzato virtualmente lo scorso 28 maggio in occasione della consegna del Primo Rapporto sulla Memoria del Conflitto delle Donne Indigene nel Nord del Cauca, “Tejemos la historia para sanar la memoria”. 

La Commissione della Verità è un ente statale costituito nella cornice degli Accordi di Pace come meccanismo di giustizia transizionale [= insieme di strumenti giudiziali ed extra-giudiziari applicati per riparare alle conseguenze di violazioni dei diritti umani su larga scala; la giustizia di transizione interviene sul modo in cui le società e i popoli si confrontano rispetto ai torti subiti in un passato recente, ndr] del Sistema integrale di Verità, Giustizia, Riparazione e non Ripetizione che, dentro e fuori dalla Colombia, condensa informazioni riportate sia dalle vittime sia dai carnefici sui fatti accaduti durante il conflitto, per garantire il diritto delle vittime e della società a conoscere la verità e porre le basi per la costruzione di una pace durevole. 

Il documento suddetto è frutto di un anno di ricerche condotte dal Programma Donna dell’ACIN – Asociación de Cabildos Indígenas del Cauca, e raccoglie le testimonianze dirette delle donne Nasa che hanno vissuto il conflitto, con un duplice obiettivo: co-costruire la loro memoria storica del conflitto armato facendo emergere l’impatto che questo ha avuto sulle loro vite e i segni che ha lasciato sui loro corpi/territori; e contemporaneamente dare voce alla violenza sistematica sofferta dalle donne indigene della comunità Nasa che, sotto diverse forme (violenza sessuale e psicologica, minacce, torture, reclutamento forzato dei figli da parte dei gruppi armati), ha avuto effetti su dimensioni altrettanto diverse – spirituale, politica, culturale, sociale – non solo sui singoli individui ma anche sulle famiglie, la comunità e il territorio in generale.

La violenza subita dal corpo della donna, infatti, genera una disarmonia per l’intero territorio, così come questo, martoriato dalle mine, disseminato di fosse comuni, e contaminato nei sitios sagrados (luoghi sacri) ai Nasa ha un impatto sulla vita di ogni individuo che lo abita.

Oltre a una raccolta di testimonianze, il documento rappresenta l’inizio di un percorso di guarigione delle ferite inferte alla popolazione dal conflitto, dal punto di vista psicologico e spirituale, attraverso le pratiche della medicina tradizionale Nasa. E ha contribuito a dare visibilità a un processo di resistenza di cui le donne Nasa sono sempre state protagoniste, tanto nella quotidianità e nelle pratiche culturali, quanto nello sviluppo organizzativo e politico indigeno.

Una delle espressioni di questa loro partecipazione e resistenza è il Movimiento de la Mujer Nasa Hilando Pensamiento, che riunisce numerose donne residenti nei tre resguardos (riserve) indigeni del Municipio di Toribio. Il Movimento è nato nel 2017 dopo la pubblicazione dello “Studio sulla salute e le esperienze di vita delle donne del Municipio di Toribio” del 2016, condotto dall’Università del Valle (dipartimento del Valle del Cauca), che ha messo in luce la grave situazione di violenza contro le donne del territorio, in particolare gli alti indici di violenza fisica e sessuale sia dentro sia fuori dalle mura domestiche.

Il primo obiettivo che le ha spinte a unirsi è stato sensibilizzare la comunità e le autorità sul tema della violenza di genere e generare processi di accompagnamento alle vittime: le ragioni dell’esiguo numero di denunce, infatti, sono il disconoscimento dei percorsi di accompagnamento alle vittime, ma anche la paura di ritorsioni e ri-vittimizzazione, dovute alla grave situazione di impunità provocata dall’inoperatività delle istituzioni e dalla resistenza della comunità ad affrontare questo tema. 

Il Movimento ha definito gli obiettivi che intende raggiungere entro il 2050: il rafforzamento dell’advocacy politica comunitaria femminile; l’empowerment economico attraverso il sostegno all’imprenditoria e l’educazione finanziaria; il rafforzamento e la creazione di strumenti giuridici (di giustizia ordinaria e tradizionale) per orientare e accompagnare le donne che denunciano la violenza; il consolidamento della cultura propria e dell’identità della donna Nasa.

Per far ciò va recuperata l’interpretazione tradizionale delle relazioni di genere basate sulla complementarietà (con una visione critica di quanto la cornice culturale tradizionale possa legittimare anche relazioni diseguali), e riflettere su come il sistema capitalista e il pensiero occidentale abbiano distorto tale interpretazione.

Le donne del Movimento, madri, contadine, studentesse, attiviste di ogni età, in questi anni hanno lavorato senza tregua: hanno organizzato attività di formazione in panificazione e pasticceria, hanno creato una rete di artigiane tessitrici, si sono formate in tema di comunicazione e hanno prodotto un programma di sensibilizzazione per la radio locale.

Hanno saputo tessere nuove relazioni con altri gruppi di attiviste a livello nazionale e internazionale, hanno organizzato eventi pubblici, attività artistiche e culturali di teatro, danza e musica tradizionali.

Infine, hanno ripensato e concretizzato un percorso di supporto psico-sociale e spirituale per le donne vittime di violenza, attingendo al sapere e alle pratiche culturali ancestrali Nasa: le tulpas de sanacion sono spazi di incontro intorno alla tulpa [focolare domestico, ndr] in cui le vittime possono raccontarsi e sanare il proprio dolore mediante pratiche di medicina tradizionale e un aiuto psicologico professionale. Costruendo fiducia con le compagne e manifestandosi solidarietà, riscoprono la loro forza e quella del loro ruolo di donne nella comunità Nasa.

La storia delle donne Nasa, guerreras milenarias, è storia di resistenza. Resistenza che non si è fermata neanche in questo periodo di emergenza sanitaria.

Di fronte all’intensificarsi degli episodi di violenza domestica e del lavoro di cura a loro carico, il Movimento ha continuato ad agire, adattando mezzi e attività alla situazione. Hanno creato un programma audio di teatro sociale per la sensibilizzazione alla violenza domestica e la prevenzione del Covid-19, diffuso attraverso whatsapp. Stanno appoggiando il controllo territoriale della Guardia Indigena presentandosi ai punti di controllo. Nel Resguardo de Tacueyo hanno indetto una Minga delle donne [sorta di assemblea comunitaria, ndr] per intensificare la semina e la raccolta delle piante a uso alimentare e medicinale, che stanno scarseggiando, e per organizzare baratti tra famiglie.

Infine, anche se con le dovute precauzioni, hanno continuato a riunirsi con le donne della comunità nelle tulpas de sanacion senza mai lasciare sole le donne cui danno sostegno, nemmeno nelle veredas più isolate. 

Secondo le parole di Cristina Bautista, autorità indigena e attivista del Movimento assassinata da attori armati illegali il 30 ottobre 2019, «la donna è la Madre Terra, è la natura, è tutto nella cosmo-visione Nasa. La donna è quello che rappresenta la vita, l’acqua, i fiumi, le montagne. Essere donna è essere generatrice di vita, di speranza, di resistenza, della lotta per la sopravvivenza dei popoli indigeni nel tempo» (per conoscere il pensiero di Cristina, vedere questo link).

Per Approfondire:

> Leggi: “Studio sulla salute e le esperienze di vita nel Municipio di Toribio”

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