di Andreea Gabriela Tilita, ex volontaria in Servizio Civile con CISV
Per chi lavora nel mondo della cooperazione, o per chi vuole approdare in questo mondo, il Servizio Civile Nazionale in Italia e all’estero è uno strumento utile, che dà la possibilità anche agli inesperti di acquisire esperienza.
Ma fare il SCN all’estero è diverso: non solo perché sei catapultato in una cultura altra con costumi, tradizioni e lingue diverse, ma anche perché non ti puoi davvero preparare prima di partire, prima parti e poi ti prepari. Detta così, magari spaventa, ma qui sta il trucco. Nonostante le letture, la formazione, i consigli richiesti, i pareri e le risposte ricevute sul posto, non si è pronti a partire; e meno male sennò che gusto ci sarebbe nel partire e lasciare la cosiddetta zona di comfort? Perché credetemi, quella la lasciate eccome.
Per me il servizio civile in Guatemala, a Nebaj, non è stato solo un anno molto particolare in cui ho lavorato a fianco di donne Maya Ixil contro le violenze, avendo la possibilità di toccare con mano, vedere e sentire le difficoltà della vita altrui; non è stato solo un anno in mezzo a una cultura completamente diversa; è stato un anno in cui mi sono messa alla prova e che mi ha messo alla prova.
Spesso si dice che il SCN all’estero è un viaggio che ti dà più di quello che promette, e con me ha mantenuto la promessa. Mi ha dato nuovi strumenti a livello professionale, la conoscenza di persone forti e combattive, di come gestire il mio tempo, il mio lavoro e avere pazienza nel conoscere i nuovi colleghi, i loro tempi e le loro ragioni per agire o meno in determinati modi.
Non capire il perché di tante azioni all’inizio è la base dell’esperienza all’estero, ma ha le sue ragioni che con il tempo capirete; ci vuole tempo e riflessione per cogliere tutte le sfumature di questa esperienza; guai però a perdere l’occhio critico, perso quello persi voi.
Alla domanda “cosa ti ha lasciato il servizio civile” la risposta non è semplice, bisogna scindere il bagaglio lavorativo da quello personale. A livello lavorativo, mi ha dato parecchie soddisfazioni perché ho lavorato su cose che prima non conoscevo, sono stata coinvolta nelle attività e ho avuto anche alcune responsabilità. Ho avuto la fortuna di lavorare con persone competenti da cui ho imparato molto, che hanno avuto la voglia e la pazienza di insegnarmi e di coinvolgermi e io non mi sono tirata indietro.
A livello personale, vi confido che questa esperienza ha inciso molto e mi ci è voluto del tempo per coglierla. Non solo perché è stata unica – non tutti possono passare un anno con le donne Ixil o vedere i colibrì la mattina in mezzo ai bellissimi fiori in giardino o viaggiare all’alba e vedere le nuvole così basse da toccarle con la mano – ma soprattutto per le persone che ho conosciuto, quello che hanno affrontato e come continuano ad affrontarlo. È stata un’emozione sentirsi parte del gruppo di donne che lottano per i propri diritti, sentirsi una compañera, sentirsi parte della lotta. Creare rapporti di lavoro, di amicizia e di intesa che continuano nonostante il tempo e le migliaia di km di distanza.
Questa esperienza mi ha dato conoscenza di me, delle mie potenzialità ma anche dei miei limiti, della gestione delle emozioni, dell’importanza nel fare determinate scelte. E la consapevolezza della strada su cui voglio proseguire. Mi ha dato lacrime, gioia e amici.