Il secondo capitolo del diario di viaggio di Paolo Martella, socio CISV in visita ai progetti in Senegal
7, 11 e 12 luglio 2023
Si arriva a Louga dopo un viaggio di quattro ore da Dakar passando attraverso villaggi costellati di mercatini, con donne e bambini che propongono piramidi di manghi ai viandanti. Apriamo la casa del CISV come si apre uno scrigno dei tesori. Tanti sono i ricordi, tantissimi i volontari che sono passati da questa casa e da quella a fianco che la nostra associazione affittava nei primi tempi di presenza nel Paese. Fra tutti e tutte il ricordo più carico di nostalgia va ad Alessandra Casu, indimenticabile volontaria e amica ancora ricordata con commozione da tante delle persone incontrate. Domani partiremo per il nostro tour nel nord del paese e nel Ferlo. Torneremo a Louga fra tre giorni.
Un tuffo nella cooperazione decentrata
Siamo tornati dal nostro giro tra la valle del fiume Senegal e il Ferlo. Qui a Louga si svolge un seminario importante del progetto “Reti al lavoro” coordinato dalla Regione Piemonte e finanziato dall’ Agenzia per la Cooperazione allo Sviluppo italiana, un esempio emblematico di cooperazione decentrata. Questo progetto, che lavora in 5 realtà molto diverse su tutto il territorio del Senegal, mira a coordinare iniziative soprattutto a favore di giovani e donne. Sono coinvolti 4 comuni piemontesi, Torino, Cuneo, Asti e Carmagnola e la Regione Sardegna. La scelta dei gemellaggi tra le cinque coppie di territori italiani e senegalesi è basata su precedenti esperienze di cooperazione. Molte realtà del terzo settore, CISV è tra queste per la regione di Louga, sono anche rappresentate in funzione del loro radicamento su quei territori. Partecipa al tavolo anche l’Università di Torino come ente deputato a sostenere la ricerca-azione e l’ENAIP che è anche, almeno in una certa misura, padrone di casa poiché la riunione si tiene al CEFAM, centro di formazione sorto soprattutto grazie al contributo tecnico dell’ente di formazione piemontese.
Francesca Costero, rappresentante ENAIP alla riunione, mi racconta di come questa realtà sia cresciuta negli anni e oggi coinvolga quasi 200 ragazzi all’anno divisi in classi da 20 allievi. I corsi spaziano dalla meccanica per auto al web design. Qui, mi spiega, all’inizio, quando c’era poco più della recinzione e i terreni destinati alla costruzione, ci fu molto lavoro progettuale con il CISV e, per la precisione, proprio con Alessandra. I ragazzi frequentano la scuola per 2 o 3 anni, a seconda del livello di scolarità di partenza. Ci sono però anche corsi di perfezionamento e altri corsi brevi di pochi mesi. Una iniziativa recente che Francesca mi spiega è quella della formazione al lavoro di ragazzi di strada per operare nelle stazioni di servizio come benzinai, per il lavaggio delle auto o la manutenzione dei veicoli. I ragazzi hanno fatto un apprendistato con i gestori e il 50% è stato successivamente assunto, riuscendo così ad uscire dal circolo vizioso della povertà. La prospettiva futura del Centro, nell’ambito del progetto “reti al lavoro”, è quella di favorire la capitalizzazione di competenze idonee a suscitare nuove start-up imprenditoriali, identificando con attenzione tutti i passi necessari a garantirne il successo e la sostenibilità.
A margine della riunione osservo con Federico (ndr: Ing. F. Perotti, consulente CISV, già Presidente) una cooperazione italiana completamente a trazione femminile. Almeno questo è il quadro dell’incontro di oggi che sicuramente non può avere valore statistico ma resta comunque degno di nota. Considerando tutte le istituzioni e ONG presenti non c’è un uomo né tra coloro che sono venuti dall’Italia né tra gli espatriati in loco, o meglio ci siamo Federico e io che però non siamo neppure coinvolti nel seminario. Non so se si possa intavolare da qui un ragionamento più approfondito su cooperazione internazionale e generi senza ricadere in quello che il nostro vecchio amico Javier Schunk, ex ufficio programmi CISV, avrebbe chiamato “sociologia da baraccone”, ma sicuramente qualche meditazione interessante si potrebbe fare.
Louga e il “mistero” del treno scomparso
Abbiamo un po’ di tempo prima dell’appuntamento al Fesfop, così Ahmed si rende gentilmente disponibile ad accompagnarmi per vedere alcuni luoghi significativi della città. Percorriamo l’avenue Djili Mbaye, largo viale intitolato a quest’uomo che è quasi venerato qui in città poiché ha costruito molti edifici anche di pubblica utilità. Il fatto che avesse fatto i soldi con il commercio dei diamanti non pare rilevante. La visita continua con il passaggio dal quartiere Keur Serigne, nel quale CISV ha patrocinato importanti iniziative come l’atelier per produzione di batik e, nel 2013, la costruzione del centro polivalente El hadi Mbargou Lo. Mi tornano alla memoria le campagne di promozione che sostenemmo in Italia per la raccolta fondi e in particolare un memorabile concerto con l’orchestra giovanile Leopold Mozart Sinfonietta che organizzammo nel 2010 al Teatro Agnelli di Torino.
L’atelier dei batik è un laboratorio molto attrezzato per la coloritura e la tessitura dove si vendono copriletto, borsellini, sciarpe e indumenti di varia natura. Ahmed mi spiega le varie fasi della lavorazione e c’è il tempo per acquistare qualche regalino in vista del ritorno a Torino. Il territorio della città è costellato di moschee, così chiedo ad Ahmed se c’è una chiesa ed ecco che prontamente mi porta alla bella chiesa di Santa Teresa con uno spazio esterno che fa da oratorio e centro d’incontro; qui tutti sono accolti nello spirito di convivialità delle differenze culturali e di credo di cui i senegalesi vanno fieri. Il nostro giro termina nel viale della ex stazione ferroviaria non più in funzione dal 1990. Qui si fronteggiano tristemente i palazzi fatiscenti della sala di attesa con annesso ufficio del capo stazione e dispensario e i locali di servizio e di riparazione dei treni. In mezzo all’ampio spazio ancora si scorgono le rotaie semi-seppellite dal terriccio sabbioso. Fa abbastanza impressione questo abbandono di un mezzo di trasporto che noi europei penseremmo degno di conservazione ed ulteriore sviluppo per varie ragioni, in primis, oggi più che mai, quella della sostenibilità ambientale. Ma dobbiamo pensare al contesto e alla probabile insostenibilità economica in un Paese come questo dove difficilmente lo Stato può sovvenire al deficit di una compagnia ferroviaria in difficoltà. Basta fare mente locale alle politiche di dismissione dei “rami secchi”, che anche nella nostra ricca Italia sono state praticate in tanti territori negli ultimi anni, per comprendere che purtroppo non c’è nulla di così assurdo in questo mistero del treno scomparso.
Il Fesfop. Un festival che è diventato motore di cultura e di pace
Il Fesfop di Louga, inizialmente nato come festival internazionale di folclore e percussioni, negli anni ha assunto una rilevanza crescente diventando un ente culturale dotato anche di una bella sede con radio, centro accoglienza e foresteria, museo delle percussioni e area adibita a orti comunitari. Qui incontriamo il presidente Babacar Sarr, un personaggio molto noto alla nostra Comunità in virtù dei viaggi fatti a Torino in alcune circostanze. Ci porta a vedere la radio che trasmette tutto il giorno sul territorio della regione e il museo delle percussioni, una bomboniera di strumenti tipici africani dove notiamo, con un po’ di stupore e un pizzico di orgoglio, le didascalie in francese e italiano. Visitiamo la sala riunioni e vari ambienti dedicati all’accoglienza degli ospiti di passaggio per poi arrivare agli uffici della direzione e della contabilità. Parliamo a lungo del festival che si svolge a cavallo di capodanno ormai dal 2000. Babacar è orgoglioso di questa creatura che nel tempo è diventata una vera istituzione, ci dice che il festival negli ultimi tempi ha registrato la presenza di diverse migliaia di persone.
Il Fesfop sul territorio svolge una azione culturale a tutto tondo che allarga i suoi orizzonti ben al di là del festival, includendo anche attività di formazione soprattutto musicale ma non solo. La riflessione con Babacar cade sul valore della cultura, e della musica in particolare, come motore di progresso, come elemento inclusivo per il dialogo transnazionale, come chiave di pacificazione e di ricerca della felicità cui ogni persona aspira.
La Fapal. Contadini al lavoro in una federazione democratica e lungimirante
La FAPAL (Fédération des Associations Paysannes de la Région de Louga) è una federazione di agricoltori che ha partecipato al progetto PAISIM e ora prende parte anche al progetto PROVIVES. La sede si trova a pochi km da Louga nella direzione di Dakar. Qui Incontriamo Ibrahima, direttore tecnico. Ci parla della sua organizzazione sorta nel 1987 con l’obiettivo di incentivare lo sviluppo agricolo. All’inizio la federazione era nata soprattutto per consorziare i contadini nell’acquisto delle sementi. Comprandole tutti insieme si poteva guadagnare soprattutto in qualità.
Successivamente la federazione ha iniziato a lavorare in altri ambiti, per esempio quello femminile che sostiene le attività di trasformazione per la farina di riso e di arachidi. Dalle arachidi si ricava l’olio, dalle varie altre lavorazioni si ottiene mangime animale e il ritorno economico delle attività va a beneficio degli abitanti del villaggio. Ibrahima insiste su alcuni punti in particolare: il processo decisionale popolare realmente democratico e la partecipazione dei giovani. Nel tempo la federazione si è dotata di un atelier dove lavora un fabbro per la manutenzione delle macchine agricole e c’è attualmente anche una intesa con il CEFAM per la formazione di meccanici addetti alla manutenzione dei motori. I prodotti lavorati sono confezionati sottovuoto o in pacchetti sigillati ed etichettati. Per la distribuzione si sfruttano i canali social ma anche gli stand alle fiere sono considerati un buon mezzo di promozione e marketing. Nella lunga chiacchierata con Ibrahima, i suoi collaboratori e le sue collaboratrici rilevo altri elementi che fanno di FAPAL una federazione veramente degna di interesse e di partenariato: l’impegno alla formazione alimentare nelle scuole, il sostegno alle iniziative per la produzione del compost in modo da ridurre l’utilizzo di concimi chimici, l’attenzione alla rotazione delle colture e la gestione della barriera verde per proteggere i terreni coltivabili dai venti sabbiosi sahariani.
Prossimamente, il terzo capitolo del diario di Paolo!
Sostenere i nostri progetti in Senegal è a portata di click, puoi donare su: https://cisvto.org/africa/senegal/ approfondire le tematiche e i processi di cui ci occupiamo e conoscere lə protagonistə del cambiamento!