Chi ha dato l’ordine? I Falsos Positivos, un’atrocità sconosciuta
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Giovedì 7 dicembre, un pezzettino della Colombia migliore è stato ospitato nelle aule dell’Università di Torino, per una testimonianza e dei racconti che hanno riempito di indignazione ed emozione l’Auditorium “Guido Guazza” di Palazzo Nuovo. 

Jackeline Castillo, presidentessa dell’associazione “Madri delle vittime dei falsos positivos”(MAFAPO), ha raccontato la storia di suo fratello Jaime, della sua scomparsa ed uccisione, per  poi passare alla sua di storia: quella di una famigliare ostinata a lottare per la verità e la giustizia insieme a tantə altrə come lei. 

Per capire cosa si intende per Falsos Positivos e in che contesto va inquadrata questa orrenda pratica, ci rifacciamo alle parole di Simone Ferrari dell’Università degli studi di Milano, che insieme a Emilia Perassi ed Anna Mastromarino dell’Università degli Studi di Torino, si sono occupatə di presentare l’iniziativa ed inquadrare i fatti di cui si trattava. 

“Immaginate di aver disperatamente bisogno di un lavoro e di provenire dagli strati più bassi della società colombiana. Vi giunge voce che c’è un’opportunità nell’esercito in un’altra regione e che bisogna partire il giorno seguente. Non ci pensate due volte.”, spiega Simone Ferrari, “Ecco questo è ciò che è successo a migliaia di persone in Colombia, che sono state prima ingannate, poi uccise e infine travestite da guerrilleros per essere spacciate come obiettivi militari raggiunti”. 

In un sistema perverso per cui i militari venivano premiati per la quantità di nemici uccisi in combattimento, in mancanza di “risultati” veritieri si è ricorso per 6402 volte (accertate) a questa soluzione. Siamo tra il 2004 e il 2008, in una Colombia che sta vivendo uno dei momenti più caldi del conflitto armato ancora in corso, l’allora Presidente Alvaro Uribe vuole dimostrare di star usando il pugno duro contro la guerriglia che lotta per il controllo di territori strategici.  

Tutti i militari pentiti parlano di fortissime pressioni che li hanno spinti a prendere queste terribili scelte. Da qui la domanda che pongono i famigliari delle vittime “Chi ha dato l’ordine?”, la risposta, salendo nei gradi militari, si perde e si ritrova laddove le prove forse non possono essere trovate. 

Grazie ai recenti accordi di pace siglati con il gruppo guerriero delle FARC, è stato creata la JEP,Giustizia speciale per la Pace”, nata per risolvere i casi più gravi sorti durante il conflitto, tra questi, anche quelli dei Falsos Positivos. La JEP ha però un limite, non può indagare su presidenti ed ex presidenti, imputabili, secondo i famigliari e le associazioni che li rappresentano, di essere implicati in prima persona. 

Senza il lavoro incessante dei partenti, la scelta di unirsi in associazione, l’aver costantemente denunciato le menzogne riguardo ai propri famigliari, nulla di tutto ciò sarebbe emerso. “Non solo le statue ma anche i corpi delle persone possono diventare dei luoghi di memoria e la memoria serve per costruire nuova vita e lotta politica”, sostiene la Professoressa Anna Mastromarino riferendosi alle Madri della MAFAPO, che grazie alla loro presenza si fanno portatrici di una narrazione altrimenti inesistente. 

“Mio fratello è partito da Bogotà ed è stato ritrovato ucciso ad Ocaña, nella regione Norde de Santander, non era per nulla un guerrillero. Nessuno pensava che persone come noi, senza molte risorse economiche, si mettessero a lottare per la verità e invece siamo qui. Stiamo facendo questo tour europeo perché questa terribile storia colombiana si conosca e affinché le istituzioni europee ci aiutino a far pressione perché venga fatta giustizia.” racconta Jackeline, con orgoglio e con la stanchezza di settimane di viaggio. 

“Siamo coscienti di aver salvato tantissime vite lottando contro lo Stato, se non avessimo parlato sarebbe continuato a succedere. Ci facciamo sentire attraverso l’arte, l’incessante lavoro nelle scuole, affrontiamo percorsi per ricucire le nostre ferite e poter stare meglio. Non lasceremo che questa pagina tremenda della nostra storia venga dimenticata. Lo facciamo per le nuove generazioni, affinché non si ripeta mai più.” 

L’incontro si è concluso con uno spezzone del documentario sui Falsos Positivos a cui ha collaborato il giornalista italiano Simone Bruno, in diretta da Bogotà per l’evento. Simone è una delle persone che più ha documentato e lavorato perché questa storia venisse alla luce. “In termini numerici, anche se è terribile parlare di numeri, questa vicenda si avvicina a quelle  delle dittature argentine e cilene. Eppure quelle pagine di storia le abbiamo ben presente, questa no. Da quando ho scoperto i falsos positivos ho lavorato incessantemente affinché se ne conoscesse il più possibile”. 

Come CISV, abbiamo avuto l’opportunità di partecipare all’evento, grazie al racconto di Anna Avidano, della presenza ultra decennale sul territorio colombiano e del nostro sostegno attraverso i progetti, i tirocini, i servizi civili ed il personale espatriato alle comunità contadine ed indigene soprattutto nelle regioni meridionali del Paese.

La pessima fama internazionale della Colombia ha bisogno di storie come quella delle MAFAPO per essere scalfita. Jackeline e le sue compagne sono la prova che laddove c’è tanta violenza c’è anche chi resiste e lotta ogni giorno per la Pace ed è importantissimo raccontarlo. La storia dei Falsos Positivos ci insegna che non c’è limite al peggio, finché il limite non lo mettono le persone dotate di coraggio e voglia di costruire giustizia insieme. 

Ringraziamo per l’organizzazione e per l’invito il Comitato “Colombia Paz Justicia Social”, il “Centro Interateneo di Studi per la Pace” dell’Università di Torino, il “Dipartimento di Lingue, Letterature, Culture e Mediazioni” dell’Università degli Studi di Milano e, ovviamente, la MAFAPO.

Jackeline Castillo – Presidentessa MAFAPO

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