Marco Bettinelli, volontario Servizio Civile CISV in Guatemala
Uno dei miei compiti a Nebaj è aiutare a organizzare i programmi di sensibilizzazione radiofonica sui diritti umani promossi dalla Red de mujeres Ixhiles. Il mio inizio nel progetto è stato senza dubbio “poco ortodosso”.
Un giorno sono entrato in ufficio e una delle compañeras mi ha chiesto, dato che doveva passare alla radio, se volevo accompagnarla. Solo quando mi hanno messo il microfono davanti e un tipo dietro un vetro mi ha detto «in onda!» ho capito che probabilmente la mia compagna non era stata proprio chiarissima sul programma di quel pomeriggio.
A parte questo primo impatto, in perfetto stile mesoamericano, il progetto si è dimostrato e continua a dimostrarsi ogni giorno un’incredibile esperienza di crescita, soprattutto a livello personale.
So che può sembrare una frase fatta o di una banalità incredibile, ma è anche una verità incontestabile: quando si parte per un contesto come questo si pensa di andare a “dare” qualcosa, mentre bastano i primi giorni per capire che sono le persone, il contesto e le esperienze a dare qualcosa a te, inclusi i programmi radio: in ogni fase, dalla scrittura del guion (il copione) al dover contattare gli ospiti, fino alla realizzazione finale.
Ognuno di questi programmi, almeno per me, prevede una piccola parte di formazione sul tema da trattare e sulla sua contestualizzazione. Una formazione che continua anche quando, mentre siamo già in onda, ne parliamo con l’ospite esperto sull’argomento.
Gli argomenti sono i più svariati, benché il focus sia ovviamente la violenza di genere. Ma abbiamo parlato anche di molto altro: pianificazione familiare, salute mentale, nutrizione, migrazione e alcolismo giovanile, solo per fare alcuni esempi. Abbiamo invitato anche altre Ong che lavorano nella zona per farci raccontare il loro lavoro, magari nella speranza di un futuro coordinamento o collaborazione.
Oltre tutto questo, come se non bastasse, dover cercare gli ospiti da intervistare ti permette di conoscere molte persone estremamente competenti e interessanti. Ciò crea relazioni che, in un contesto di vita nuovo, senza dubbio aiutano e a volte generano anche situazioni divertenti.
Non può non far ridere il trovarsi in radio con uno psicologo, a parlare di tematiche forti come l’incesto o l’alcolismo, e poi ritrovarsi un paio d’ore dopo rivali sul campo di calcetto a scambiarsi frasi del tipo «vediamo se giochi bene quanto parli» oppure «spero per te, gringo, che giochi a calcio meglio di come parli spagnolo», o ancora «è la seconda volta che mi inviti al tuo programma, potresti anche offrirmela una birra a fine partita…».
Ovviamente ogni lavoro presenta le sue difficoltà. Si va da un invitato che parla troppo poco costringendoti a inventare altre domande sul momento per riempire l’ora del programma, a un altro che parla troppo e allora bisogna tagliare qualche domanda selezionando le più importanti. A volte manca l’energia elettrica e bisogna posticipare la trasmissione, altre ancora l’invitato si tira indietro all’ultimo momento e tocca cercare un sostituto nel giro di poche ore.
A volte ancora sono necessari confronti, anche con i colleghi in Italia, per decidere se è possibile parlare di alcuni temi delicati, oppure se è meglio aspettare momenti migliori per affrontarli, ammesso che, prima o poi, ce ne siano. Questa è senza dubbio la parte più dura del lavoro, a cui dopo quattro mesi non mi sono ancora abituato.
Detto questo qui si continua a lavorare, al meglio delle possibilità, malgrado situazioni avverse, imprevisti compresi. D’altronde lo sapevamo già e, in parte, siamo qui anche per questo. A proposito, se in Italia avete problemi di sonno e non sapete cosa fare fra mezzanotte e l’una di venerdì (nella viva speranza che in realtà abbiate di meglio da fare!) potete sempre ascoltarci al computer su http://www.emisoras.com.gt/lavozde-nebaj
A presto!