Agricoltura e nutrizione in sinergia
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Mali 2021

Intervista a Baba Sangaré, responsabile sicurezza alimentare CISV in Mali

Partiamo dal concetto di sicurezza alimentare, che secondo l’AICS ha l’obiettivo di assicurare ad ogni persona l’accesso ad un sistema nutriente e stabile, al fine di soddisfare i bisogni nutritivi, nel rispetto delle singole preferenze e tradizioni alimentari per una conduzione di vita sana e attiva. pertanto la sicurezza alimentare poggia su quattro pilastri: disponibilità, accesso, utilizzazione degli alimenti, stabilità. Cosa significa nel concreto del progetto che CISV sta realizzando con LVIA e GVC?

Nell’ambito di questo progetto, finanziato dall’AICS, CISV lavora in collaborazione con i partners per migliorare i tre pilastri che stanno alla base del concetto di sicurezza alimentare e cioè:
– La disponibilità dei prodotti ortofrutticoli, attraverso il miglioramento della produzione alimentare nei terreni coltivati
– L’accesso, infatti producendo in loco il progetto avvicina i prodotti orticoli a tutti i membri della comunità
– L’utilizzo del cibo, attraverso le attività dei Gruppi di Sostegno alla Nutrizione – GSAN, quali dimostrazioni di cucina e sessioni di sensibilizzazione

In tema di sicurezza alimentare o meglio di insicurezza alimentare qual è la situazione nella zona di intervento del progetto?

La zona del progetto è quella del cercle di Douentza, molto di recente (gennaio 2021) diventata regione, che dall’inizio della crisi politica (2012) vive una situazione molto precaria dal punto di vista della sicurezza, che si è fortemente degradata negli ultimi 3 anni. La presenza di gruppi armati radicali e non e le conseguenti violenze perpetrate sulla popolazione hanno portato il conflitto in corso ad evolvere verso dinamiche intercomunitarie che oppongono i gruppi di agricoltori a quelli di allevatori. Il conflitto per l’accesso alle risorse, che fino a qualche anno fa si traduceva in episodi più o meno frequenti di violenza tra singoli o famiglie, ora si è trasformato in un conflitto anche per il controllo del territorio e delle comunità. Comunità che fino ad ora hanno vissuto in complementarietà (l’allevamento e l’agricoltura sono attività complementari, per fare qualche esempio si fertilizza col letame, si scambia il latte col miglio, ecc) sono ora in opposizione. Le condizioni di estrema insicurezza dovute ad attacchi diretti a villaggi o persone hanno portato gli agricoltori ad abbandonare progressivamente i campi e ritirarsi nelle zone più vicine ai villaggi e gli allevatori a limitare i propri spostamenti. Lo svolgimento delle attività agropastorali è sempre più difficile e pericoloso e i gruppi armati procedono regolarmente a saccheggi dei raccolti e a furti del bestiame. Agricoltori ed allevatori perdono quindi le loro principali fonti di sostentamento. Senza contare che a tutto ciò si aggiunge la continua e progressiva mancanza di precipitazioni cui l’area è soggetta. Pertanto l’aumento della pressione sul poco cibo disponibile è elevato, e da qui si capisce come l’entità dell’insicurezza alimentare nell’area di progetto sia molto grande.

Quali sono quindi gli assi principali su cui il progetto agisce per contrastare l’insicurezza alimentare e quindi intervenire sulle gravi vulnerabilità della popolazione in generale e soprattutto delle fasce più deboli?

Sono sostanzialmente tre:
1. La produzione: abbiamo riabilitato 5 aree per la coltivazione di ortaggi in 5 Comuni con i materiali e gli input necessari e una fonte di approvvigionamento idrico sufficiente per praticare l’orticoltura in tutte le stagioni, al fine di garantire la disponibilità di prodotti ricchi di elementi nutritivi. Al fine di garantire un reale aumento della produzione, il progetto ha prima rafforzato le capacità dei produttori e delle produttrici nelle tecniche agricole (tecniche di produzione vegetale: preparazione del terreno, compostaggio, semi, tecniche di trapianto, di controllo dei parassiti, di raccolta). Poi abbiamo promosso l’uso di tecniche ispirate all’agroecologia, come per esempio l’uso dei bio-pesticidi a base di aglio, tabacco, neem e peperoncino, utilizzando prodotti locali e naturali, che possono essere autoprodotti a basso costo anche dai produttori che non avrebbero i mezzi per acquistare prodotti industriali.
2. La trasformazione. Altro asse privilegiato del progetto, perché durante la diagnosi effettuata dall’AOPP- l’Associazione delle Organizzazioni Professionali degli agricoltori, nostro partner locale di attuazione, è emersa una reale esigenza di lavorazione e conservazione dei prodotti ortofrutticoli e agricoli. Oggi lavoriamo con 6 gruppi di trasformazione agro-alimentare per prolungare i tempi di attività di alcune produzioni, buona parte delle quali marciscono nei periodi di abbondanza, cioè di raccolta. Finora il progetto ha promosso lo sviluppo delle capacità nelle tecniche di lavorazione e conservazione di cipolle, arachidi, fonio e fagioli dall’occhio, che potrebbero essere estese ad altri prodotti agricoli, se necessario.
3. La nutrizione: questo asse si basa sulle dinamiche dei gruppi di supporto alle attività nutrizionali (GSAN) per sensibilizzare le mamme sulle buone pratiche nutrizionali attraverso visite a domicilio, effettuate per osservare e discutere delle questioni riguardanti la nutrizione direttamente con i membri del nucleo familiare visitato. Appoggiamo anche l’organizzazione di dimostrazioni culinarie nei villaggi, per rafforzare le capacità delle mamme nell’alimentazione dei bambini piccoli e promuovere il corretto utilizzo dei prodotti locali per migliorare l’alimentazione.

Come risponde la popolazione alle azioni del progetto e alla tematica della sicurezza alimentare, e cosa ancora manca affinché il concetto sia completamente fatto proprio dalla popolazione e si concretizzi in uno sviluppo umano e sostenibile?

La situazione relativa all’insicurezza alimentare è una realtà che le popolazioni della zona di intervento del progetto vivono costantemente. Le attività del progetto sono ben viste e condivise dalle autorità tradizionali, le collettività locali, l’amministrazione pubblica attraverso i relativi servizi tecnici. L’adesione della popolazione è totale, perché il progetto risponde ai loro bisogni quotidiani, il che spiega le nuove richieste da parte dei villaggi vicini, e anche da parte di altri gruppi dello stesso villaggio, di attuare le azioni in corso anche presso di loro. Quello che manca forse è la possibilità di garantire un accompagnamento di lunga durata e più mirato. Purtroppo l’insicurezza, soprattutto per gli spostamenti, limita molto le nostre capacità di azione in termini di presenza fissa sul terreno. Anche i servizi dello Stato sono molto assenti per la stessa ragione (soprattutto in certe zone, dove si ha più paura ad andare perché il rischio è maggiore) e quindi manca l’accompagnamento che potrebbero dare alla popolazione anche in termini di proseguimento del supporto dei progetti, che per sua natura è limitato nel tempo.

Quali sono i principali traguardi raggiunti dal progetto in tema di sicurezza alimentare e cosa e chi ha contributo maggiormente a tali risultati?

I principali obiettivi del progetto sono:

  • l’aumento della produzione ortofrutticole nella zona
  • il miglioramento dell’accesso ai prodotti orticoli
  • l’aumento del reddito dei produttori attraverso la vendita di parte della produzione
  • il rafforzamento delle capacità tecniche di produzione e gestione
  • il consolidamento dei legami sociali

Ciò che più ha contribuito a questi risultati riguarda innanzitutto la popolazione beneficiaria, grazie al suo impegno e alla partecipazione effettiva alla realizzazione delle azioni, poi naturalmente la volontà del finanziatore (AICS) che ha deciso di coinvolgersi nel finanziamento delle azioni proposte, ancora gli operatori CISV, che hanno sfidato la situazione di insicurezza per assistere, monitorare e garantire la qualità delle azioni. E poi non vanno dimenticati l’Associazione delle Organizzazioni Professionali degli agricoltori (AOPP) che ha fornito la maggior parte della formazione sulle tecniche di orticoltura, i Servizi Tecnici Statali, che hanno convalidato e fornito supporto per l’attuazione delle azioni, e le Autorità Locali che hanno accolto con favore le azioni e partecipato alla mobilitazione dei beneficiari.

Qualche dato può dare un’idea del numero di persone coinvolte: abbiamo accompagnato 332 produttori orticoli, in grande maggioranza donne, e 6 gruppi di trasformazione agroalimentare.

Come è possibile contribuire alla reale esercitazione del “diritto al cibo” per le popolazioni beneficiarie? E quali sistemi integrati di politiche agricole e alimentari risultano più validi in questo ambito?

Fin dall’individuazione dei villaggi beneficiari, il progetto si è inserito nella logica del diritto al cibo con rigorosi criteri di selezione al fine di rendere beneficiari i villaggi privi di aree da destinare alla coltivazione di ortaggi, seguiti subito dopo dai villaggi che hanno scarsità di produzione per carenza di approvvigionamento idrico sufficiente o quelli che hanno terreni “fuori uso” per mancanza di recinzioni. Nell’ambito di questo progetto abbiamo adottato la politica di produzione per il consumo locale. Per tradurre questa politica in realtà, abbiamo organizzato e facilitato sessioni di discussione sull’importanza del consumo dei prodotti dell’orto, oltre a dimostrazioni di cucina e sensibilizzazione da parte dei gruppi di sostegno alla nutrizione.

Cosa è l’agricoltura funzionale alla nutrizione e quali sono i fattori che possono determinare il raggiungimento di un’adeguata agricoltura in tal senso?

Agricoltura e alimentazione sono legate, perché i prodotti agricoli forniscono energia, proteine, vitamine e minerali (fosforo, calcio, ferro) necessari per combattere la malnutrizione soprattutto nei bambini e nelle donne incinte. I fattori per realizzare tale tipo di agricoltura sono molti, tra cui l’esistenza di perimetri ortofrutticoli, produttori ben formati, la produzione di colture ricche di nutrienti, lo svolgimento di sessioni dimostrative di cucina, la consapevolezza…

L’agricoltura sensibile alla nutrizione è un approccio che mira ad intervenire sulla catena di produzione alimentare al fine di assicurare la disponibilità di cibo nutritivo, sano, culturalmente appropriato, di qualità e in quantità sufficienti a soddisfare i bisogni della popolazione. L’accento viene messo sulla disponibilità di cibo sufficiente e che nutre adeguatamente la popolazione, soprattutto i soggetti vulnerabili. Gli elementi chiave per ottenere questo risultato sono quelli che ritroviamo nel progetto: inclusione dei soggetti vulnerabili, promozione di una produzione varia e di prodotti agricoli/orticoli ricchi in elementi nutritivi, miglioramento delle capacità di conservazione e trasformazione dei prodotti per garantirne la disponibilità fuori stagione, l’associazione di interventi di sviluppo agricolo ad attività di educazione nutrizionale, anche dei produttori.

Infine, qual è il ruolo delle comunità nell’ambito delle pratiche agroecologiche e quali sono i fattori di successo delle comunità che rappresentano una risorsa chiave per i processi di sviluppo?

Le comunità sono le principali responsabili di qualsiasi politica di sviluppo e nell’ambito di questo progetto, le comunità svolgono tutte le attività dalla fatica fisica, alla mobilitazione e agli spostamenti verso i luoghi di formazione. I fattori di successo sono la volontà di formarsi e adattarsi al nuovo contesto, la voglia di scoprire nuove pratiche agroecologiche, il lavoro di gruppo, che è fondamentale perché… i “proattivi” trasformano “gli scettici”.

L’intervista è stata realizzata nell’ambito del progetto “Iniziativa di emergenza a protezione della popolazione più vulnerabile, degli sfollati, rifugiati, migranti irregolari e migranti di ritorno in Senegal, Guinea Bissau, Guinea, Gambia e Mali AID 11659”. Il progetto è realizzato con il sostegno dell’ AICS – Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.
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