Dalle nostre Case di Accoglienza Migranti: uno sguardo dentro, uno sguardo fuori
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Come stanno procedendo le vostre attività nell’accoglienza di donne rifugiate?

Da anni CISV accoglie nelle sue case comunitarie alcune donne richiedenti asilo e rifugiate, e gli eventuali figli minori al seguito. Con l’emergenza sanitaria dovuta al Covid-19 ci siamo ritrovati da un giorno all’altro a cambiare abitudini e a dover trasformare metodologie d’intervento e strategie di lavoro. Le scuole sono chiuse dal 24 febbraio, poi sono stati sospesi tutti i tirocini lavorativi; con la chiusura delle attività non essenziali anche chi aveva un lavoro è rimasto a casa.

Da diverse settimane le donne che accogliamo non possono uscire se non previa autorizzazione, né incontrare amici e conoscenti. Nelle case si riscopre il senso del lento scorrere del tempo, del chiacchierare e ridere per poco, del piacere di stare insieme anche se in una convivenza forzata.

Il primo intervento fondamentale è stato informare e comunicare in modo chiaro sia i dettami dei decreti governativi che si susseguivano, sia le norme comportamentali da adottare per la propria tutela e per la sicurezza sanitaria della collettività. Da subito sono stati forniti i dispositivi di protezione individuale, mascherine e disinfettanti, anche in ragione della presenza nelle comunità di persone vulnerabili o con patologie pregresse.

L’équipe operativa si è riorganizzata per garantire la continuità degli interventi pur riducendo le variabili di rischio oggettivo in un servizio come il nostro, basato essenzialmente sulla relazione di aiuto e la vicinanza all’altro. Il ritmo del lavoro è cambiato, abbiamo meno scadenze da rispettare, meno pratiche burocratiche da adempiere o documenti da compilare, ma più momenti di condivisione, di ascolto e di calore. Si sono redistribuiti gli impegni e i turni, preferendo limitare le compresenze e il numero di operatori che hanno accesso alle case.

Le attività giornaliere interne iniziano con la didattica a distanza (tutte le scuole d’italiano e i centri di formazione professionale hanno attivato questa immensa opportunità che il digitale ci offre), poi aiuto nei compiti, fitness in casa, laboratori di cucina e di economia domestica, infine in serata cineforum o musica in funzione delle richieste.

 

Qual è lo stato d’animo e il comportamento delle ragazze?

Sono molto più resilienti di noi. In un mondo fatto di grandi paure, grandi evoluzioni e grandi progetti, la loro attenzione va alle sfumature del quotidiano, alla sopravvivenza nel singolo giorno. Non abbiamo notato grandi differenze nel loro modo di affrontare la situazione attuale a seconda della cultura di origine, anzi emerge una profonda solidarietà tra le donne nelle varie case, quasi come se si riconoscessero nella loro fragilità e precarietà in questo momento di incertezza.

 

Il Ddl Salvini (Decreto Sicurezza) ancora attivo che conseguenze dirette ha sulla vita nelle case in questa epidemia?

Le conseguenze negative del Decreto Sicurezza si erano già viste nel 2019, ma rispetto all’emergenza sanitaria in corso il Ddl Salvini non ha avuto impatti diretti sulla vita delle rifugiate e delle richiedenti asilo che accogliamo.

 

Il governo portoghese ha deciso di regolarizzare gli immigrati per gestire l’emergenza coronavirus. Cosa ne pensi di questo provvedimento?

Il governo portoghese ha stabilito che tutti gli immigrati con domande di permesso di soggiorno in sospeso presso il Servizio degli stranieri e delle frontiere (SEF) si troveranno ora in una situazione regolare e avranno accesso agli stessi diritti di tutti gli altri cittadini, compresi i servizi sociali. Questo Decreto decorre dal 18 marzo 2020, giorno della dichiarazione dello stato d’emergenza nazionale, e riguarda le domande presentate ai sensi della Legge sugli stranieri e della legge sull’asilo per chi vuole lavorare (artt. 88 e 89) e per chi vuole esercitare attività didattica, altamente qualificata o culturale (art. 90), o altre situazioni di richiesta di concessione o rinnovo del permesso di soggiorno in regime generale o in regime eccezionale. La misura riguarda anche i richiedenti asilo.

In Portogallo uno dei modi più comuni per un immigrato di richiedere un permesso di soggiorno per lavoro è quello di avere un contratto regolare e pagare la previdenza sociale; la legge prevede anche che possa essere regolarizzato chiunque abbia un accordo circa la stipula di un contratto di lavoro. Dall’anno scorso, gli immigrati che lavorano e versano i contributi alla previdenza sociale per almeno 12 mesi possono avere un permesso di soggiorno anche se non sono entrati legalmente nel Paese. Tuttavia molti aspettano una risposta dal SEF addirittura per mesi.

Già nei giorni precedenti l’approvazione del decreto diverse associazioni avevano manifestato la loro preoccupazione al governo portoghese, chiedendo soluzioni concrete per tutti gli immigrati in attesa del permesso di soggiorno, e in particolare che ai lavoratori in fase di regolarizzazione che hanno già effettuato versamenti previdenziali siano garantiti i diritti alle indennità nei casi previsti per tutti gli altri lavoratori: se devono rimanere in quarantena, se si ammalano, se devono restare a casa per occuparsi dei bambini con meno di 12 anni, o se sono licenziati a causa della chiusura temporanea o permanente delle aziende. Chiedevano anche la tutela del diritto all’indennità di disoccupazione in caso di licenziamento.

Nell’attuale contesto migratorio italiano lo sguardo e l’attenzione vanno portati sugli immigrati irregolari, in numero sempre più crescente nel nostro Paese in conseguenza delle politiche bipartisan adottate dai governi succedutisi nell’ultimo decennio: alla mancanza endemica di canali regolari e continuativi di ingresso, e di qualsiasi forma di regolarizzazione per lavoro di chi si trova già sul territorio italiano, vanno aggiunti gli effetti della controriforma salviniana che ha abolito la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

I tempi del coronavirus rendono oggi ancora più necessario e urgente l’intervento del Governo italiano, perché adesso alle buone ragioni della sanatoria si aggiungono anche le esigenze di tutela della salute collettiva, compresa quella dei migranti privi del permesso di soggiorno che non hanno accesso alla sanità pubblica. Il migrante irregolare non ha un medico di base e ha diritto soltanto alle prestazioni sanitarie urgenti. Di conseguenza nei casi di malattia lieve (qualche linea di febbre, un po’ di tosse) non si rivolge alle strutture sanitarie, mentre nei casi più gravi non ha alternativa al presentarsi al pronto soccorso, il che contrasterebbe con tutti i protocolli finora adottati per contenere la diffusione del virus.

Per questo motivo siamo favorevoli all’Appello per la sanatoria dei migranti irregolari ai tempi del Covid-19 promosso in Italia da diverse associazioni. Non solo per sottrarli dalla loro condizione di “invisibilità”, ma anche per attribuire loro pienezza di diritti, quanto meno di quelli che la Costituzione riconosce come diritti universali, in primis quelli alla salute e a un’esistenza degna.

 

 

Foto di Jose Cabeza da Pixabay

 

 

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