Il Popolo indigeno Nasa rappresenta una delle fette di popolazione colombiana più colpita dal conflitto armato che da oltre 60 anni divide il Paese latino.
La lotta per il controllo politico dei territori strategici, le coltivazioni destinate a un uso illecito e la mancanza di una presenza statale continuativa, rendono il territorio ancestrale Nasa uno dei bersagli incessantemente presi di mira dai diversi attori del conflitto.
E’ altissimo il numero di perdite che nel corso degli anni ha dovuto contare la comunità, assenze che rendono sempre più profonda la ferita che la violenza lascia sulla pelle degli abitanti del territorio.
Ci si può servire di molti strumenti per curare le ferite; durante questi mesi, alcuni esponenti della comunità hanno deciso di farlo attraverso le parole, l’arte e la memoria.
Sono questi gli elementi che contraddistinguono l’esposizione itinerante “Tejiendo el buen vivir” (tessendo il buon vivere), presentata recentemente nella città di Cali e in procinto di arrivare nella capitale Bogotà.
La mostra è uno dei risultati del processo che CPAIS, partner colombiano di CISV, sta portando avanti sul territorio indigeno Nasa con la comunità del comune di Toribio, nella Regione del Cauca. Grazie all’appoggio della Comision de la Verdad, si è potuto riflettere sui casi di violenza subiti dai Nasa e sulla speranza di ricucire il tessuto sociale sfibrato dal conflitto.
Alla mostra abbiamo avuto un’inviata speciale, Angela Trentin, che sta facendo il suo tirocinio universitario del corso di “Human Rights and Conflict Management” della Sant’Anna di Pisa con CISV, approfondendo le dinamiche del conflitto colombiano e dei suoi attori.
Angela ha avuto l’opportunità di intervistare due esponenti della Comunità Indigena Nasa, che ci raccontano l’importanza di questa iniziativa e della costruzione di una speranza e una memoria collettiva condivisa.
“Abbiamo concentrato le nostre riflessioni non solo sulle violenze subite, ma anche sulla nostra speranza di cucire le ferite e di curarle” racconta Jennifer Avila Jordan curatrice dell’esposizione. “Abbiamo creato 8 racconti sonori di 10 minuti ciascuno, per far finalmente ascoltare le voci di chi per anni è stato invisibile e in silenzio per paura”.
La mostra è composta da audio, foto, tessuti filati a più mani e murales mobili, “Abbiamo voluto mostrare anche agli abitanti delle città una faccia del nostro territorio poco conosciuta, tante persone quando pensano alla nostra comunità pensano solo al conflitto, siamo tantissimo altro.”
Angela, con il cellulare alla mano e le orecchie attente ci permette di conoscere anche le parole di Francy, partecipante del progetto “Tejiendo el Buen Vivir”. “Abbiamo cercato di lavorare molto sull’uso della lingua propria, un popolo senza lingua e come se non avesse un’identità”.
Ci racconta anche della violenza e di come sia difficile parlarne, “Oltre ai tanti massacri e omicidi mirati, tantissime donne Nasa sono state violentate e maltrattate ma nessuno se n’era preso cura, adesso abbiamo più strumenti per parlarne, rifletterne e prendere atto. Per gli occidentali esistono gli psicologi, noi ci rivolgiamo ai saggi, gli anziani che entrano in connessione con gli spiriti e ci indicano il cammino migliore per proseguire nonostante tutto”.
E’ molto importante che la comunità Nasa esca dal territorio con tutto il suo bagaglio culturale, dimostrando che l’odio e la violenza, se ben curati possono generare dialogo, pace ed arte.
Grazie Angela, grazie Jennifer e grazie Francy, speriamo di poter vedere presto anche noi da vicino questo bellissimo spaccato di Colombia che resiste.
Con il progetto “Continuando a tessere cammini di pace attraverso il protagonismo di giovani, donne e società civile”, finanziato dall’8×1000 della Chiesa Valdese, CISV si impegna quotidianamente nell’accompagnamento a percorsi formativi sulle pratiche di pace della comunità di Toribio.
Per approfondire e sostenere i progetti clicca qui:https://cisvto.org/america-latina/colombia/