I silenzi assordanti del Senegal
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di Carlotta Fiorino, Coordinatrice CISV progetto PAISIM

Sono passati quindici giorni dall’inizio del mio confinamento volontario a Dakar e il lavoro, seppur rallentato a causa dell’emergenza in corso, continua con tutte le difficoltà del caso. 

Da quando il Presidente Macky Sall ha istituito il coprifuoco, il 23 marzo scorso, a partire dalle 20.00 di sera le strade tacciono, interrotte solo dal suono delle sirene di polizia che ci avvertono minacciose “restate in casa, è per il bene di tutti”. Durante il giorno la realtà non è diversa, non c’è ancora un obbligo di confinamento ma chi può resta comunque a casa perché l’attenzione, per questo grande popolo senegalese che ho imparato a conoscere piano piano e che ancora sto imparando a conoscere, è sempre per il prossimo. 

Questi silenzi mi turbano perché durante i miei quattro anni passati tra Benin e Senegal non sono mai stata abituata a questo… normalmente le strade sono sempre allegre e piene di vita: due uomini si incontrano salutandosi a gran voce, qualcuno suona un clacson, un gruppo di donne chiacchiera dopo il lavoro e ride, un gruppo di bambini gioca a calcio… tutto intorno è un brulicare di suoni e voci. 

Quelli che per molti potrebbero essere fastidiosi rumori di fondo, per me in questi anni hanno cominciato a rappresentare una mia personale tranquillità, finché sento la vita scorrere intorno a me vuol dire che tutto va per il meglio. 

Oggi non è più così: la lotta a COVID-19 è una responsabilità civile che richiede di isolarci e in questo insinua il sospetto nell’altro perché quell’altro, che poi siamo noi, potrebbe essere infetto e farci del male anche senza volerlo, senza saperlo. 

Il silenzio è assordante, ma i pensieri e le riflessioni sul mondo che sarà non si fermano; non posso fermarli perché è giusto interrogarsi e andare oltre la dialettica che ci chiede di tornare alla “normalità”. Credo in coscienza che il domani si costruisca oggi e che l’oggi sia il nostro adesso: non possiamo aspettare il dopo, dobbiamo interrogarci ora e subito. 

Non è facile, in verità, immaginarci e pensarci nel dopo mentre tutto è così incerto, ma se è vero quello che dicono i grandi pensatori, che il cambiamento viene da ognuno di noi, anche questa diventa una responsabilità collettiva: quando tutto questo sarà finito come e chi vorremo essere personalmente e collettivamente?

Oggi mi interrogo su me stessa, sugli altri e sul mondo e, non vi nego, anche sulla cooperazione internazionale. Oggi come CISV, come parte della società civile ci stiamo interrogando sul nostro ruolo e su come saremo domani, perché – per la cooperazione internazionale che costruisce ponti e che vive del contatto e si nutre delle relazioni umane – un domani ci sarà. E anche se per adesso non abbiamo risposte, il solo fatto di pensare e riflettere sul futuro mi fa sperare che queste non tarderanno ad arrivare, e che un domani ci sarà. 

 

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Copyright: Andrea Borgarello

 

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