Di Marco Bello – Giornalista di rivista Missioni Consolata
È la notte tra il 6 e il 7 luglio scorso, un commando di una trentina di uomini armati fa irruzione nella residenza privata del presidente della Repubblica, Jovenel Moise. Senza incontrare opposizione della guardia presidenziale, alcuni uomini armati raggiungono la camera da letto e crivellato di colpi il presidente. La moglie Martine, rimane ferita ed è subito evacuata a Miami. Si salverà.
Ma chiera Jovenel Moise? Imprenditore nell’agro business, latifondista, faceva parte del Partito haitiano tèt kole (Phtk), della destra oligarchica haititana, ed era stato proposto dal presidente Michel Martelly (2011-2016).
Entrato in carica nel 2017, era stato contestato duramente dal popolo durante il suo mandato, fino dal 2018, per accuse di corruzione nell’affare PetroCaribe. Il movimento popolare era arrivato a bloccare il paese, «payi lok» in creolo, negli ultimi mesi del 2019.
Moise si era inoltre impegnato per evitare l’organizzazione di qualsiasi elezione, portando a scadenza gli enti locali prima, e poi (gennaio 2020) il parlamento, di cui resta solo un terzo del senato in carica (ad Haiti il senato è rinnovato un terzo ogni due anni), dieci senatori che non possono legiferare.
Di fatto governava per decreto da quel momento, imponendo anche alcune importanti modifiche alle istituzioni. In ultimo, stava approntando il varo di una nuova Costituzione, seguendo un procedimento anticostituzionale e illegale. Lui stesso si era prolungato il mandato di un anno (avrebbe dovuto lasciare il 7 febbraio 2021).
L’inchiesta sulla sua morte è formalmente in corso, ma ostacolata in tutti i modi da frange di uomini al potere. Anche l’Fbi degli Stati Uniti ha aperto una procedura. Diciotto dei membri del commando sono mercenari colombiani, altri sono statunitensi di origine haitiana, mentre tra i principali indiziati ci sono alcuni uomini d’affari facenti parte dell’oligarchia ricca e ultra conservatrice haitiana. Una quarantina sono stati gli arresti, tra cui i più eccellenti quelle dell’ex militare colombiano Mario Antonio Palacios e degli uomini d’affari haitiani Samir Handal (di origini palestinesi) e Rodolphe Jarr. Quest’ultimo, ex grande trafficante di droga, ha ammesso di aver, in parte finanziato il colpo.
Sul terreno il paese è controllato da alcune bande armate (gang in creolo), che gestiscono interi quartieri e vie di comunicazione importanti, mentre praticano l’economia del rapimento. Decine di persone vengono rapite ogni settimana a scopo di estorsione, anche tra la popolazione meno abbiente, e chi non è in grado di pagare il riscatto, viene solitamente ucciso. L’insicurezza è dunque totale. Tali gang sono legate, in parte, ad alcuni politici, che negli anni le hanno create e armate. Sono a loro strumentali, ad esempio, per impedire che al gente scenda in piazza a manifestare. Il fenomeno si è talmente degenerato dopo l’assassinio del presidente, che si può parlare dell’assenza dello stato in ampie zone del paese.
Tra ottobre e novembre scorsi, le gang sono arrivate a controllare l’uscita delle autobotti di carburante dal porto, chiudendo il rubinetto dei distributori e bloccando il paese.
L’inflazione inoltre è galoppante, i prezzi aumentano e la gente ha difficoltà ha comprare generi di prima necessità.
Sul piano politico, all’indomani dell’uccisione di Moise, è stato creato un governo de facto presieduto dal medico Ariel Henry. Henry era stato designato dal presidente due giorni prima del golpe, ma ha giocato in suo favore l’appoggio della comunità internazionale, riunita nel cosiddetto Core group (Stati Uniti, Francia, Germania, Unione europea, Onu, Osa, ecc.), e ancora di più, il fatto che dietro di lui ci sia l’ex presidente Michel Martelly, che punta a un nuovo mandato.
A gennaio proprio Henry è stato indicato da Jarr, in un’intervista al New York Times, come essere in contatto con alcuni complottisti, prima e dopo i fatti del 7 luglio. Diversi analisti vedono un problema interno al Phtk, che avrebbe portato all’assassinio, e non escludono che lo stesso Martelly non sia estraneo ai fatti.
Intanto un’ampia convergenza di associazioni, società civile e partiti politici sedicenti di sinistra, si sono riuniti in un accordo, firmato il 30 agosto scorso, noto come «accordo di Montana», dal nome dell’hotel nel quale è stato siglato. Questo settore, più progressista e vicino alla Costituzione, ha proposto un Consiglio nazionale di transizione (Cnt) di 40 membri (leader di organizzazioni contadine, femministe, professionali e di partiti politici).
L’ultima mossa è stata l’alleanza, l’11 gennaio con il Protocollo d’intesa nazionale (Pen, in francese), una coalizione di partiti politici della destra tradizionale. Alleanza che è stata criticata da alcuni settori di sinistra.
Il Montanta-Pen si contrappone al governo Henry, con il quale però deve negoziare per arrivare a una transizione prevista di circa due anni, che porterebbe a nuove elezioni generali. Ma i rapporti di forza sono, in questo momento, favorevoli al gruppo di potere del Phtk. Inoltre occorre prima risolvere il problema della pacificazione del paese.
Le foto presenti in questo articolo documentano i danni del terremoto del 2010.
Da anni CISV lavora a fianco della comunità locale, per supportare la omunità locale in progetti di sostenibilità alimentare e, oggi, anche di ricostruzione dopo l’ultimo terremoto dello scorso 14 agosto.
Il nostro progetto Al fianco di Haiti: post emergenza e ricostruzione